“Come fai a insegnare ciò che non si può insegnare?”
“Non lo insegno!”
G. Pontiggia
(si insegna la tecnica e non l’arte)

 

Il contenuto

  • Riassumere, in un massimo di tre righe, il nocciolo della storia, l’idea centrale
  • Il titolo è congeniale all’idea centrale?
  • Scovare somiglianze con altre storie classiche
  • Scrivere le ragioni per cui questa trama debba “farsi desiderare”
  • Chi sono i tuoi destinatari? Qual è lo scopo per cui l’hai scritto?
  • Il registro è adeguato allo scopo e ai destinatari?
  • Coerenza dell’intreccio (la coerenza di un testo è rappresentata dal filo logico che dà significato unitario alle sue parti), cerca di individuare eventuali elementi non coerenti
  • Ordine cronologico: fabula insieme degli avvenimenti presentato in ordine cronologico; intreccio insieme degli avvenimenti in cui sono presentati nel testo.
  • Flashback (rottura della storia principale con una specie di interferenza) analessi e prolessi (anticipazione)

L’incipit e il finale

Costruire almeno tre incipit e finali  diversi

La revisione

  • Utilizza frasi brevi e periodi poco complessi dal punto di vista sintattico, evitando troppe frasi subordinate alla medesima proposizione principale
  • Elimina espressioni superflue
  • Individua le frasi fatte
  • Preferisci la forma attiva alla forma passiva
  • Non usare le doppie negazioni
  • Evita le asimmetrie (cercavamo un film che divertisse tutti, avventuroso)
  • Esamina la sintassi

Personaggi

Nadine Gordimer: un personaggio deve essere sempre più grande della realtà

  • indicazioni generali
  • aspetto fisico
  • carattere e comportamento (qualità e difetti, gusti e interessi, abbigliamento, modo di comportarsi e di muoversi, rapporti con gli altri)

Dialoghi

Sequenze (unità dotata di coesione e coerenza):

  • narrative,
  • descrittive (oggettive e soggettive) variare, cambiare lo stato d’animo,
  • dialogiche,
  • riflessive.

Il narratore

  • Cambiare la prima in terza persona e viceversa
  • Il punto di vista

Ambientazione

  • Storia e costume

Le parole

  • Isolare le parole più importanti e riflettere sul significato, sulla forma e sul suono, cercarne altre sul vocabolario
  • Riflettere sul testo, cioè sulla tessitura che lega le parole tra loro
  • Cercate trovate linguistiche

La punteggiatura

 

I sensi, mettere in gioco tutti i sensi, il lettore deve immergersi con tutti i sensi.
Albeggia l’idea, germoglia, allora bisogna cercare il muschio che protegga i germogli.
E’ come rimboccargli le coperte, non solo bisogna essere innamorati, ma bisogna essere fedeli.
Lavoro sulla superficie e poi sull’essenza delle parole.
Intrecci di traiettorie che legano le parole tra loro, rintracciare il cosmos, l’ordine.
Rintracciare e costruire un tessuto di significati, sviare dal banale, sdrucciolare verso l’estremismo del senso.
Ricordare che la scrittura è un esercizio secolare di ripetizione, tutto è scrittura ereditata, infinite variazioni della scrittura.
La scrittura deve ricercare la lentezza della mano.
Controllata disciplina.
Tener presente il lettore: “il testo che scrivi deve dar prova di desiderarmi” (Barthes)
Scrivere è come viaggiare nell’altrove. Entrare in un labirinto ignorando quale mostro vi sia nascosto, immergersi in un misterioso oceano, lottare con angeli o demoni, non importa, su una strada non segnata sulle mappe, un avanzare alla cieca, o meglio – come diceva Virginia Woolf, camminare in una stanza buia tenendo in mano una lanterna che illumina ciò che comunque nella stanza si trova già.
Scrivere è permanenza: i nostri scritti ci sopravvivranno, è quindi una sorta di esorcizzazione della morte.
Scrivere è riconoscere il nostro doppio: lo scrittore e il suo personaggio, lo scrittore e il suo lettore ideale.
Ma se gli scrittori sono doppi è impossibile stabilire quando uno si trasforma nell’altro, né come uno possa vivere senza uccidere l’altro.
Ma la risposta sta in Alice.
Invece di distruggere il suo doppio Alice, attraversando lo specchio, si unisce all’altra, che solo lì esiste. Quando Alice ritorna nel mondo della veglia, riporta con sé la storia dell’altro mondo e comincia a raccontarla al suo gatto.
Insomma andata e ritorno, viaggio dal dove all’altrove, dall’altrove al dove.
Quando è che uno scrivente può definirsi scrittore?
Dove si prende la Patente?
Per Virginia Woolf è la lettura: si siede tutta soletta nella “stanza tutta per sé”
Il consiglio che Virginia dà al giovane poeta che si rivolge  lei per avere istruzioni, è quello di leggere gli altri poeti: in te non può non esserci qualcosa di Shakepeare, se sei un poeta, sei un personaggio molto antico: i poeti sono vivi nella nostra lingua, sono parte della nostra sensibilità.
Ma lo invita anche a leggere la realtà: Affacciati alla finestra, lo esorta; lascia che il senso ritmico si apra alla vita, qui e ora- ai taxi, alle automobili, agli uomini e alle donne di una giornata qualunque, convoca tutti i doni che la natura ti ha dato e scrivi di tutto questo.
I doni sono imprescindibili, poi c’è l’apprendistato e l’esercizio.
Il poeta lavora con le parole: deve conoscerne il peso, i colore, il suono.
Tutto questo si può imparare leggendo, provando e riprovando, aggrappandosi alle parole come un naufrago a un pezzo di legno.
Sei giovane – continua Virginia – hai il diritto di scrivere sciocchezze, hai il diritto di imitare, di commettere errori di stile, di gusto e di sintassi: scrivi e butta via, riscrivi e cancella… scrivi per te, non per gli altri.
Non per pubblicare.
Scrivi per imparare a scrivere. Non c’è altra scuola che questa.
Rilke spiegava che l’azione poetica è un’attività solitaria, anzi la solitudine è essenziale.
 Non aspettarti aiuti, entra in te stesso, cerca di capire quanto bisogno ti fa scrivere, se trae le radici dal profondo del cuore.
Chiediti: morirei se mi fosse vietato scrivere?
Solo se la risposta è affermativa, costruisci la vita secondo questa necessità.
L’atto creativo non può essere appreso da altri, è impensabile.
E’ il creatore che deve creare se stesso.Deve essere capace di arrivare alle profondità dell’anima.
La formazione del poeta è la formazione dell’anima.
Rilke: la mia immaginazione è un monastero e io ne sono il monaco.
Da un epistolario di Cechov possiamo trarre ben 99 consigli di scrittura che possono riassumersi nell’invito che fa verso un’assoluta economia.
Virtù fondamentali sono la sincerità: è la realtà che deve imporsi e non il sentimento dello scrittore.
Scrivere è il contrario dell’egotismo.
In questo sono molti a concordare: ciò non significa che non si possa dire io, ma quell’io per lo scrittore deve essere sempre  un altro.
Il poeta scrive non per esprimere se stesso, ma per far nascere l’altro, è per intercessione di Amleto che Shakespeare entra in familiarità con strati della lingua che altrimenti non frequenterebbe.
Cechov insiste sulla disciplina e Rilke ribadisce che l’arte esige molto dai suoi fedeli: soprattutto pazienza perché non si possono forzare i tempi della creazione.
Bisogna avere l’orecchio esercitato ad auscultarsi e lasciar crescere con i suoi tempi la creazione, come l’albero che non sollecita la sua linfa.
La poesia o viene come le foglie all’albero- dice Keats – o è meglio che non venga affatto.
Non sappiamo quanto l’albero soffra quando si copre di fronde, sappiamo che è nella sua natura fare quello che fa.
Ma allora ci chiediamo: c’è una natura dello scrittore, c’è una natura del poeta, senza la quale ogni apprendistato è inutile?
Se la creazione letteraria è carisma, dono, allora non tutti possono scrivere
C’è una speciale razza di uomini e di donne che possono fare qualcosa che altri non possono fare
E allora se è il talento  che deve creare se stesso, ha senso quello che facciamo?
O’ Condor a chi le chiedeva perché scrivesse, rispose: perché lo so fare.
E’ arroganza o è la sicurezza di ha messo a frutto il suo talento in innumerevoli prove, tanto che quel dono è diventato un’arte.
E’ una VOC-AZIONE è rispondere a una chiamata.
Per usare il dono l’artista deve mettere a prova il suo ascetismo.
Dovrà giudicare se stesso con l’occhio e la severità di un estraneo.
C’è chi dive che non servono scuole, serve la solitudine.
Si è soli come mai al mondo quando si scrive, soli magari nelle ore antelucane, soli come Sylvia Plath negli ultimi drammatici giorni della sua esistenza.
Soli di fronte alla chiamata della carta bianca.
Ma si può non essere soli per confrontarci, scambiarsi doni, consigli, suggerimenti.
L’arte non si insegna, le competenze e le abilità possono essere affinate
Importanza del confronto.

La Virgola

La punteggiatura nacque in Italia all’epoca dell’invenzione dei caratteri a stampa: era necessario separare tutti quei caratteri, dare un ritmo alle parole, così si svilupparono la virgola e gli altri segni di interpunzione.
Nel corso dei secoli quei segni sono diventati la nostra grammatica interiore: indirizzano e stabiliscono il modo in cui parliamo, pensiamo e ragioniamo.
Riusciremmo a pensare nella stessa maniera, se scomparissero le virgole dalla nostra vita.
E allora il capitolo finale dell’Ulisse di Joyce, quel flusso di coscienza di settanta pagine?
Il monologo di Molly Bloom è un capolavoro: ma, datemi retta, non scrivete così se non siete James Joyce.
E’ come infilare le perle di una collana, la collana sarà più bella se le perle saranno distanziate.
Scrivere senza le virgole al punto giusto è come cucinare senza sale, significa scrivere senza ritmo e senza tono.
Qualcuno considera antiquato scrivere con un eccesso di virgole.
Aneddoti: un direttore e un suo redattore discutono, il redattore insiste per scrivere: “i colori della bandiera americana sono rosso bianco e blu”: altrimenti, sostiene, quella bandiera, appesantita dalla virgola dopo ‘rosso’, non riuscirebbe a sventolare come si deve.
Il direttore a sua volta si impunta per scrivere: “dopo cena, gli uomini si trasferirono in salotto”, sostenendo che quella virgola, dopo la parola ‘cena’, selve a dare loro il tempo di alzarsi in piedi e scostare la sedia, prima di andare in salotto!
In sostanza: una virgola in più o in meno ha un peso considerevole.
E’ il cane da guardia delle parole: anzi è il cane pastore che prende un gruppo di  pecore, le fa stare insieme e le separa da un altro gruppo.
E’ una verga, piccola e graziosa che determina il senso delle parole, trasforma la realtà in significati, è il codice della strada del lessico, uno spermatozoo che feconda, è scalo di marinaio, pausa di ironia, pezzo di cielo caduto in terra.
Bisogna amare la virgola fino alla virgolatria.