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Voglio essere figlia del vento.
Voglio essere una Giunone d’ebano. Nera come notte senza stelle.
Voglio essere una madre terra, color terra. Vergine, fecondante e fecondata.

E invece sono incivile, appartengo alla stirpe dei barbari: bionda e con gli occhi celesti. Si vede subito, è evidente.
Barbareggio in una vistosa modernità, così ben barbicata nel paese del mio appaesamento.
Ma non mi guardano come un pericolo, eppure io sono un periglioso rischio.
Consumo in un giorno quel che a loro basta una vita, affogo fra i miei rifiuti puzzolenti, mi ingozzo e digrumo, mentre loro non si cavano mai la fame.
Scrocco e sperpero, mi mangio perfino le parole. Lasciando solo un po’ di miglio pestato. Tanto non ha sapore e fa gargarozzo.
Ma adesso mi sento straniera in casa mia.
Due mondi si sono incontrati.
Di fronte al neolitico stride la mia postmodernità. Tutta esteriore.
Cerco empatie e sento straniamento.
La straniera, la diversa sono io: e allora come mi devo integrare?
I miei occhi hanno visto quel che sapevo e non volevo sapere.
Sono ferita e non so più quale sia la mia essenza, mi sento orfana, orfana di storia e allora rimango qui a sognare i soliti sogni, in attesa che nuovi attori modifichino le parti e cambino gli scenari.

Questo aereo mi porta via o mi porta nel mondo dei barbari?

Mi sento ferita, chiedo quale sia la mia essenza… intanto, come tutti i poeti la cerco in quelle verità nascoste nell’altra faccia della luna.
Sandra Landi