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Copertina: personaggi un ragazzo e una ragazza, un nonno e Dante.
Disegni a matita. Ironia.
Destinatari: preadolescenti, pubblico difficile poco avvezzo alla lettura, molto preso dalla tecnologia, generazione degli homo zappiens, abituato a una cultura dell’immagine che scorre sempre in fretta, con scarse capacità attentive…
Rischio di vivere da stranieri nella propria città.
Se l’Italia è un paese che ospita il 70/80% del patrimonio artistico mondiale, Firenze ne concentra gran arte, per cui la formazione della coscienza di tale patrimonio diventa prioritaria.
Riguarda l’identità e la formazione del senso di cittadinanza: coscienza, storica, ambientale ed estetica.
Si tratta della formazione di una nuova forma mentis per i nuovi cittadini, che produca il senso dell’appartenenza, della tutela e della condivisione.
Patrimonio da conoscere, apprezzare, condividere, proteggere.

Quindi da modello cognitivo, deve farsi valore collettivo e atteggiamento civile condiviso. Non dimentichiamo che la nostra Costituzione è la prima al mondo in cui la tutela del patrimonio artistico e culturale e del paesaggio è scolpita fra i principi fondamentali dello Stato (art. 9). Come nessun altra, la nostra Costituzione stabilisce un vero e proprio diritto alla cultura che si iscrive fra i diritti fondamentali della persona e fra le coordinate della comunità civile: tutela, ricerca, cultura contribuiscono al progresso spirituale della società (4) allo sviluppo della personalità individuale (3), si legano strettamente alla libertà di pensiero, definiscono ed esaltano la figura del cittadino, la pari dignità sociale di tutti (3) i valori dell’uguaglianza e della libertà. Insomma la democrazia. E tutto questo per concorrere all’affermazione di un modello di civis e di communitas basata sulla condivisione e non sulla chiusura: cum munibus=mettere doni in comune e non inteso come mura. Riguarda l’intercultura e l’interdisciplinarietà: il patrimonio dovrebbe diventare un concetto trasversale a molte discipline, un focus di collaborazione fra discipline in abiti curricolari ed extracurricolari. Silenzio della scuola che smembra più che unire.

Il libro parte proprio da un concetto di fiorentinità autentica nella consapevolezza che tutto ciò è necessario per allargare il compasso dell’orizzonte. Intercultura dicevamo all’inizio, infatti i personaggi che animano questo libro con le loro domande e con le loro curiosità, sono nativi nel Medio Oriente, ma fiorentinizzati, come molti altri che sono nati a Firenze da genitori provenienti da varie parti del mondo. Si chiamano Daniel, Marian e Alexis, non Duccio, Beatrice, Lapo e Cosimo…

La realtà propone quotidianamente un concetto di identità come groviglio storico, culturale e sociale, a cui si tenta di dare ordine con la creazione di contenitori, confini, limiti, divisioni, quasi ad arginare l’antica paura di dissolversi in un magma indefinito.

Così l’identità, spesso declinata al singolare e non al plurale, finisce per apparire come una gabbia da cui gli individui non possono sfuggire, quando, al contrario ogni forma di specificità culturale e il senso di appartenenza a un gruppo è il prodotto di una continua negoziazione con l’altro.
Insomma questi ragazzi intraprendono un viaggio nella loro città e come in molti viaggi iniziatici, non può mancare un Virgilio, una guida, un Mentore, d’altra parte Firenze è la città di Dante Alighieri.

E compare subito sotto mentite spoglie di un personaggio altrettanto significativo, il nonno.

E il nonno li guida in un viaggio e in un incontro. Incontro: incontro con la città, con l’arte e con la bellezza, incontro fra diverse età diverse epoche storiche

Viaggio: nella città, nelle sue piazze, strade, palazzi, viaggio alla ricerca di sé nel tempo, nello spazio-tempo della vita.

Per raggiungere una finalità maieutica, Cambi ricorre all’efficacia del mentoring e di una positiva relazione fra ragazzi e nonni. E non è facile entrare in relazione positiva tra giovani e anziani.

Viviamo in una società in cui i gruppi sono organizzati in nette delimitazioni, in confini difficilmente valicabili.

Il mentoring, che prende il nome da Mentore, precettore di Ulisse, si basa sulla creazione di un rapporto di fiducia e di ascolto tra un adulto e un adolescente, il rapporto dà luogo a una relazione reciproca in cui un adulto “competente” e “significativo” mette l’altro nelle condizioni di acquisire consapevolezza e di sviluppare le proprie potenzialità.

Spesso è presente nell’immaginario dell’adolescente un tipo di adulto che in qualche modo vorrebbe incontrare, qualcuno al di fuori della famiglia in cui identificarsi, anche per ritrovare un modello che possa sostituire quelle figure genitoriali, un tempo onnipotenti e onniscienti, ma adesso così visibili nei loro limiti umani.

Un adulto che diventi di volta in volta guida, sostegno, traino, stimolo, una “sponda sicura a cui approdare”. Gli insegnanti, che come adulti significativi potrebbero svolgere questo ruolo, spesso sono impreparati a svolgerlo.

E’ comunque importante conoscere il mondo degli adolescenti, i loro linguaggi, miti, modelli, modi di pensare e di agire, senza esprimere troppo affrettati giudizi negativi.
Instaurare una relazione educativa significa soprattutto costruire ponti su cui far transitare i saperi e, se non si conosce come è fatta l’altra sponda, il ponte non reggerà.

Il libro infatti usa Dante, indiscusso punto di riferimento culturale e intergenerazionale.
I nativi digitali, come qualcuno chiama i ragazzi delle nuove generazioni, sono molto diversi dalla generazione dei loro genitori e dei loro insegnanti,di quegli adulti significativi che dovrebbero accompagnare e plasmare la loro crescita.
I trenta-quaranta anni che li separano sono un’epoca storica immensamente più grande rispetto a quella che separava le generazioni precedenti; l’accelerazione del mutamento ha sconvolto codici e linguaggi, comportamenti e valori, stili di vita e culture, ha creato diversi modelli di estetica.

Quindi nl libro sono predisposti continui agganci per attirarle curiosità, continui riferimenti alla quotidianità, per avvicinare di più la storia alla vita, con citazioni appropriate senza banalizzazioni, alla vita di tutti i giorni, oltre alla vita sociale e culturale.

Serve ad avvicinare le generazioni, a costruire appunto, i necessari ponti per unire presente e passato. Essenziale per imparare a progettare il futuro.
E quindi anche il vernacolo, le inflessioni delle fiorentinità ormai apprese anche da cinesi e albanesi, che hanno imparato a usare bischero, boccalone, sbrindellato e gingillone… trovano il giusto posto insieme ai termini appropriati dell’arte e della cultura.

Insomma questo libro è proprio come un Museo astronave: porta in altri spazi e in altri tempi per tornare nei nostri con maggiore bagaglio di conoscenze, di esperienze e di saperi.