La magia… a partire dalla fiaba

La magia è una forma del pensiero mitico, un’arte che tende a dominare o a travalicare le forze della natura, una sorta di realtà altra, legata a un diverso ordine culturale, spesso in contrasto con un mondo in cui contano i dati di fatto, la precisione, la nuda e cruda realtà.
Potremmo definirla come una specie di capacità di attrarre, di produrre incanto e fascinazione. Qualcosa che ha effetti prodigiosi e straordinari.
Chi non vorrebbe vivere nella vita reale momenti magici? Momenti incantevoli e suggestivi? Esercitano un fascino straordinario, non appartenente alla quotidianità, ma a qualcosa che ha a che fare con il meraviglioso.
D’altra parte chi va alla ricerca della vera essenza della vita non si ferma alla realtà. E anche l’anima o lo spirito sono forse cose concrete?
La magia si respira, ma non si vede e non si tocca.
Si intuisce, si intravede e si deduce. Si vive nell’aria, si percepisce. E’ un aroma flebile, difficilmente catturabile dai frettolosi. Se ne vedono gli effetti.
Come per magia… è qualcosa che appare in modo improvviso, inaspettato, che produce effetti sui sensi, è qualcosa che riguarda l’anima. Provoca rapimenti e  sconvolgimenti, agisce dentro la persona.
Nel fuori della magia si trovano oggetti apparentemente banali (una tovaglia, un sacchetto, un mantello…) che però producono sconvolgimenti della banalità.
Provocano fascino e incanto, tanto che, la parola magia, nel linguaggio di senso comune, serve a connotare effetti non comuni: magia della bellezza, di uno sguardo, di un paesaggio, magia della musica, dei colori, dello stile.
Arte magica, cerchio magico, bacchetta magica… rappresentano tutto ciò che appare capace di produrre effetti straordinari.
E’ lo stupore il filo conduttore.
La magia seduce, suggestiona e incanta, non si sa mai né dove, né quando, né quanto, ma non importa: il prodigioso è incantevole anche quando è monstrum, segno terrificante, soprannaturale e prodigioso.
Ma monstrum deriva da monere, ammonire, rappresenta qualcuno che comunque insegna, esorta e consiglia, anche rimproverando, anche spaventando. Qualcuno che è capace di mettere in guardia e correggere. E allora non è qualcuno o qualcosa che educa?

La magia della fiaba

Le narrazioni di accadimenti magici suscitano eco, risonanze e suggestioni in chi legge o in chi ascolta; aiutano a frugare il passato per cercare una chiave del presente.
Con la loro pregnanza simbolica, appartengono a quei saperi iniziatici che abitano il nostro inconscio. Provocano sorpresa, meraviglia e spavento, comunque una condizione di attrazione, magari derivante dalla percezione angosciosa della labilità dell’esserci, dalla finitezza di tutto ciò che è vita.
Mentre il mondo si fa beffe di tutto, noi, acrobati di questo circo triste, siamo destinati a finire, mentre lui con tutta la sua apparente concretezza sembra non finire mai. E allora inventiamo stratagemmi per non finire nel finito.
La magia è uno di questi: nel mondo magico infatti le cose possono prolungarsi oltre il loro limite sensibile. D’altra parte il mondo, in qualsiasi epoca, ha sempre avuto bisogno di un altro mondo. E’ un modo per preservarsi dal rischio di trovarsi senza orizzonte e senza speranze. Offre un sistema di guarentigie liberatrici e compensi equilibratori con il riscatto magico offerto dal quotidiano che all’improvviso si trasforma in straordinario.
Ma oggi viviamo in un mondo disincantato: gli incantatori di un tempo stanno perdendo la loro magia.
Chi incontrava i miti di Eco, della Sfinge e delle Sirene… i molti personaggi mitici che costellano la storia dell’umanità, avvertiva meraviglia, incanto e paura. Si confrontava con poteri ineluttabili che agivano da fortificante, da vitamine per l’essere.
Le origini della fiaba si perdono nella stessa antichità del mito, sia per la comune provenienza dalla tradizione orale, sia per i  significati di carattere antropologico e culturale. Rientrano in quell’immaginario collettivo che fa parte della cultura e delle tradizioni dei popoli che li hanno tramandati oralmente di generazione in generazione e rappresentano in modo più o meno simbolico riti, usanze e costumi.
Vladimir Propp in Radici storiche dei racconti di fate, rileva come le fiabe di magia siano collegate al patrimonio folklorico di un popolo.
In Morfologia della fiaba ci dimostra come le fiabe di magia, affondino le loro radici storiche  nei riti di iniziazione dell’età tribale e presentino, al di là della cultura di appartenenza, una stessa struttura, cadenzata da personaggi, che svolgono le stesse funzioni in rapporto allo svolgimento della storia.
Le funzioni sono gli elementi costanti, le azioni stabili, rappresentate dall’operato di un determinato personaggio, dal punto di vista del suo significato per lo svolgimento della storia, indipendentemente dalla sua identità e dal modo di esecuzione. Sono in numero limitato (31) e formano le componenti fondamentali della fiaba.
Cosa troviamo adesso negli schermi televisivi, nei videogiochi, nel web o in second life?
I media ricreano, grazie all’espediente tecnologico, la meraviglia, l’incanto e la paura che avvertiva millenni or sono chi incontrava i miti di Eco, della Sfinge e delle Sirene… i molti personaggi mitici che popolano la storia dell’umanità.
Il medium però cancella la presenza fisica del locutore: l’ascoltatore è presente, chi parla no, quindi ci troviamo di fronte a una comunicazione non autentica.
Manca la possibilità di rispondere o di interagire. Manca il progidium
Manca l’erotismo della sguardo, del tatto, dell’olfatto: il calore dei fiati vicini che scaldano. Tutto ciò che rende la voce flatus vocis  e quindi prodigium, monstrum che attinge al sapere tautologico e profetico, dominato dal fatum e dallo spirito.
I personaggi ritornano, sono sempre quelli o molto simili, ma non sono i medesimi: hanno perso il loro status autorevole, il loro potere di fascinazione.
La narrazione fa da bussola, magari si usano anche le stesse parole, ma le parole parlate di chi racconta risuonano di un pathos, che le trasforma in “scrittura ad alta voce”, come dice Roland Barthes: costruzione mentale, interiore, intimo che risuona nell’altro intimo vicino.
L’atto comunicativo vocale è un’esecuzione complessa, quasi una rappresentazione in cui si intrecciano espressioni verbali e non verbali, che coinvolgono due o più persone complementari e mutuamente influenzabili.
Questo voler dire diventa allora comunicazione ed espressione: esistere e creare in quanto io e tu, insieme, cum, non solo accanto.
Filo che collega il locutore all’interlocutore. E questo è un filo che passa attraverso corpi che stanno vicini. Ne nasce un fluire sonoro e ritmico, forte di un’energia magica perché primordiale e cosmogonica, nata dal desiderio di dire e soprattutto di dirsi.
Tutti e due si sentono trasportare “come un sughero sull’onda”, spesso aiutati dalla reiterazione di un contenuto acustico: la cantilena, la rima, la musicalità delle parole.
La monotonia acustica sempre alla base della tecnica magica tende a illanguidire l’essere, trasportandolo in altri spazi e in altri tempi.
Si costruiscono così le basi di una nuova ecologia della comunicazione, fondata sul reciproco riconoscimento, sulla ricerca di un dialogo che scaturisce da un atteggiamento di cura e di coinvolgimento, capace di promuovere partecipazione.
Così si pongono i semi di una relazione presente da coltivare continuamente.
I sinonimi di coltivare sono curare, allevare, affinare, migliorare, promuovere, sviluppare, accarezzare (si accarezza un’idea), covare (si cova in segreto un progetto), nutrire (si nutre un sentimento).
Avere cura significa anche promuovere le basi per il raggiungimento dell’autonomia e dell’indipendenza, significa sapersi ritirare quando è il momento per lasciare spazio alla libertà di esprimersi. Così l’in-fans potrà prendere la parola e cominciare il suo viaggio iniziatico verso la civiltà.
La parola parlata del racconto orale si carica dell’essenza di chi narra, qui vengono immagazzinate le sue energie che, a ogni uso, ulteriormente si accumulano. Diventa così un addensato di esperienze e sentimenti che si tramandano di generazione in generazione costruendo e alimentando l’identità culturale. Non è il semplice vissuto, ma la magicità insita nel vissuto.
“Confrontiamo dunque la parola con il seme, il discorso con il genere, il parlare col principio maschile e l’ascoltare col principio femminile, l’azione sulla personalità con il processo della fecondazione. (…) Pensiamo a Platone, che sulla scia di Socrate ha sviluppato una teoria erotica del sapere: il tendere al sapere è il desiderio d’amore, la non-espressione del sapere non ancora maturo è la gravidanza; l’aiuto che rende possibile l’espressione è la maieutica; la comunicazione del sapere è la fecondazione, la dottrina è come la tensione delle anime al parto, e così via.”[1]
La fiaba con la sua magia assume così un valore linguistico, antropologico e pedagogico.

La magia nella fiaba

Nelle fiabe la magia è un elemento fondamentale, risolutore di problemi, ma è un elemento che non viene mai gratis, si deve conquistare con determinazione.
Quando, dove, come e quanto? Sono domande che non hanno risposta. Specialmente per chi è abituato al qui e ora.
D’altra parte le fiabe agiscono sempre nell’indeterminatezza. Non a caso il loro tempo è l’imperfetto.
Indeterminatezza del luogo e dello spazio: c’era una volta…Indeterminatezza della quantità: e vissero per sempre felici e contenti… Quanto felici e contenti? Come fecero? Non c’è mai una risposta certa, tutto è lasciato all’immaginazione.
“Al centro del mondo culturale magico, come sintesi viva di iniziativa e di tradizione, sta il mago, che si apre al dramma esistenziale proprio del magismo, e consegue sul rischio una vittoria che ha significato non solo per sé ma anche per gli altri”. [2]
La parola mago ha sempre avuto un significato positivo, il mago è infatti un personaggio favoloso, dotato di poteri magici e di virtù soprannaturali. Tanto che “essere un mago” nella musica, nelle arti, nella parola, ecc., equivale a essere insuperabile; nel linguaggio figurato infatti diventa sinonimo di fuoriclasse e campione.
E’ qualcuno che dimostra la capacità di superari i limiti del proprio esserci, di dare o restituire un orizzonte all’esserci.
La magia interviene ad arrestare il caos insorgente, a riscattarlo in un nuovo ordine, può operare sia come evocatrice di forme, sia come liberatrice.
“Il mago è colui che sa andare oltre di sé, non già in senso ideale ma proprio in senso esistenziale”.[3]
“In realtà il problema del magismo non è di ‘conoscere’ il mondo o di ‘modificarlo’, ma piuttosto di garantire un mondo a cui un esserci si rende presente. Nella magia il mondo non è ancora deciso, e la presenza è ancora impegnata in quest’opera di decisione di sé e del mondo.” [4]
Quindi, ancora di più, oggi, c’è bisogno di magia…
Ma la magia non è legata alla passività, anzi spinge all’agone, ad aguzzare l’ingegno, a tentare l’impossibile scovando nel profondo astuzia e intraprendenza, creatività e fattività. Le fiabe infatti insegnano a non arrendersi.
Il mondo magico è connesso con determinati momenti critici, in cui accade qualcosa che sembra irreparabile.
D’altra parte viviamo in un cosmo talmente labile che troppo spesso rischia di trasformarsi in caos: l’eroe è colui che ha saputo portarsi fino alle soglie del caos, ma non si è lasciato sopraffare dalla disperazione, ha saputo stringere un patto, fino a uscirne vincitore.
E’ riuscito a diventare padrone della propria visione, acquisendo la capacità di produrla a volontà, soprattutto nel sogno. Figura centrale della fiaba è l’Eroe.
Prima troviamo sempre un qualche Re che manifesta problemi, bisogni, desideri. L’Eroe si adopera per la loro risoluzione, che all’inizio sembra impossibile: sceglie l’obiettivo del cambiamento, si confronta con gli ostacoli che si frappongono. Le difficili prove che affronta somigliano molto agli antichi riti di iniziazione dei giovani ancora in uso nelle società tribali, ma del tutto sconosciuti ai nostri giovani, per i quali tutto è facilitato.
Ma è soprattutto nel confrontarsi con gli ostacoli, nel cercare e trovare  l’ispirazione e la forza per uscirne, ciò che fortifica e fa crescere. In tutti i tempi e in tutti i luoghi.
La Fata impersonifica  appunto l’ispirazione, le soluzioni inedite e creative.
Le fiabe rappresentano infatti un percorso iniziatico: all’insorgere di problemi, occorre agire, affrontare gli ostacoli, trasformarli in sostegni per andare avanti con coraggio e senso del rischio. Di fronte alle difficoltà occorre fortificare il desiderio di affermazione personale, non certo fuggire o lasciare che altri li eliminino.
Il problema deve stimolare la ricerca di una qualche soluzione, ma occorre concretezza per strutturare il percorso euristico e creatività per andare oltre la realtà alla ricerca del nuovo. L’Eroe ha bisogno della Fata per cercare e trovare il meraviglioso.
La fiaba quindi

  • promuove e aiuta la conoscenza del sé
  • conduce a una esplorazione del sé sempre più profonda
  • spinge al superamento degli ostacoli
  • abitua a ricercare e considerare punti di vista diversi
  • favorisce l’emergere di aspetti e risorse latenti della personalità
  • trasmette un sapere non pienamente razionale, ma simbolico
  • evidenzia l’importanza delle regole e del loro rispetto
  • incoraggia la ricerca di alleanze
  • invita a non accontentarsi della realtà, ma a cercare di superarla con l’immaginazione e la creatività.

L’Eroe non affronta mai sventatamente l’impresa, cerca nuove energie nel suo intimo, raccoglie tutto il suo coraggio, ma sa che il compito è così arduo che è meglio ricercare aiuti.
I messaggeri del mondo magico sono sempre difficili da trovare, occorre determinazione e intuizione: si nascondono spesso dietro una maschera insignificante: una vecchietta, un corvo, un topolino…
Il loro intervento è determinante, rendono possibile ciò che prima era sembrato impossibile, ma mai gratuitamente: occorre seguire istruzioni e regole precise.
Insomma è sotteso una grande insegnamento di vita: per risolvere i problemi della vita c’è bisogno

  • di un Re: autorità
  • di un Eroe: azione, determinazione e rispetto delle regole
  • di una Fata: intuizione, ispirazione e creatività.[5]

A volte un istante creativo – l’ispirazione appunto – può risolvere ciò che prima ci sembrava impossibile risolvere. Tutte le più grandi scoperte lo insegnano: Newton scopre la legge di gravità, ritenuta impossibile, osservando la caduta della mela.
Chi poteva, prima, pensarla possibile?

Crescere con la magia delle fiabe

Bisogna entrare dentro le fiabe, favorire e guidare alla ricerca dei sentieri di questi “boschi narrativi”. Con quali scopi?

  • per ravvivare la forza d’animo
  • per trovare l’audacia del vivere
  • per stare al passo con la fortuna
  • per trovare il senso della vita.

Brasey e Debailleul offrono ed esemplificano con fiabe tradizionali, rintracciabili in molte culture, le dieci chiavi necessarie.

  1. Pratica dell’immaginazione attiva
  2. Pratica del capovolgimento degli ostacoli
  3. Pratica dell’affermazione creatrice
  4. Pratica del paradosso
  5. Pratica della metamorfosi
  6. Pratica del vuoto attivo
  7. Pratica del modello di compimento
  8. Pratica della visione liberatrice
  9. Pratica della realtà in abbandono
  10. Pratica della totalità creativa.

Gli autori sostengono che le fiabe non siano solo semplici racconti per bambini, ma siano in realtà vere e proprie guide pratiche che conducono a svelare agli esseri umani i grandi principi segreti che regolano la vita e l’evoluzione. Non è che ci siano ricette magiche, ma regole da mettere in pratica per superare gli ostacoli attraverso risorse, prima non pensabili, e ottenere un cambiamento della vita.
Il problema sta nello scoprire e aiutare a scoprire parti nascoste della persona per attingere le forze necessarie a costruire la propria vita e non a subirla.
E’ importante il sogno che fa intravedere e sperare, ma è altrettanto importante saper trasformare i sogni in progetti. E nella legalità.
Ma non possiamo uccidere la magia, cercando di decodificarla spiegandola, occorre un orecchio più raffinato per ascoltare le corde più profonde dell’essere. La conoscenza aiuta, ha un’importanza fondamentale, ma si deve imparare a usare il pensiero convergente e divergente. Abituarsi a considerare che più importanti delle risposte sono le domande.
Due più due non può fare sempre quattro.
Talvolta le rane parlano, i castelli diroccati possono prendere per incantamento.
Insomma le fiabe aiutano: non servono a far addormentare i bambini, li risvegliano.
Ognuna possiede una chiave attiva, proviamo a cercarla e a usarla… e se qualcuno per caso incontrasse un rospo sul suo cammino, mi raccomando, provi a baciarlo… non si sa mai!


[1] P. Florenskij, Il valore magico della parola, Medusa, Milano 2003, p.72.

[2] E. de Martino, Il mondo magico, Bollati Boringhieri, Torino 2007, p. 97.

[3] E. del Martino, op. cit. p. 98.

[4] E. del Martino, op. cit. p. 119.

[5] E. Brasey, J. P. Debailleul, Vivere la magia delle fiabe,  Ed. Il punto d’incontro, Vicenza 2004.