Bellezza nella scrittura è frutto di un piacere, il piacere di scrivere, finalizzato al piacere di leggere.
Lo scrittore è faber: lavora con attenzione, lentezza e pazienza, limando l’intuizione per giungere alla creazione.
Perché scrittura è passione e patimento alla ricerca dell’espressione adeguata, di un’adeguatezza però sempre temporanea e mai definitiva. E’ frutto di una capillare limatura su un’illuminazione scaturita dal talento, che si tiene ben lontano dalla sciatteria, come dall’erudizione ostentata.
Insomma la parola ha bisogno di essere posseduta e amata dallo scrittore: scelta fra molte, semanticamente ricercata, rivestita di pensieri e di emozioni, aggiustata nel ritmo e nello stile, accarezzata e blandita, finalmente è pronta per entrare in sintonia con altre parole e cogliere quelle invisibili connessioni che fanno scattare l’amore nel lettore.
Perché scrivere è essere capaci di entrare in sé per uscire da sé, è disponibilità, propensione e rispetto degli altri. E’ superamento della realtà, farsi capaci di pensare in grande confrontandosi con l’impossibile, inseguire una sempre imperfetta perfezione.
Nomade fra mondi diversi, la parola se ne va nella continua ricerca di dire l’indicibile, affinché si realizzi il prodigio dell’incontro fra scrittore e lettore.
E allora la lettura della bellezza nella scrittura fa scattare il gioco del sogno, diventa puro piacere, un “lasciarsi cullare come un sughero sull’onda” per dirla con Roland Barthes.