Cara Margherita,

mi rivolgo a te, perché so quanto è stato grande il tuo impegno verso la scienza e la sua divulgazione, per catturare la curiosità dei curiosi e portarli verso orizzonti lontani. Per questo ho riposto nel tuo lavoro grandi speranze e so che qualcuno ti ha definita “la nuova Ipazia”.

Alessandria d’Egitto fu la mia città e il Museo il mio regno, ma come l’antica Biblioteca tutto è andato in fumo.

Insieme al Museo per l’insegnamento, era tutto un fiorire di arti e scienze, v’erano giardini zoologici e botanici, persino sale di anatomia per la scuola di medicina.

Nella Biblioteca era sistemato, raccolto e sublimato, quanto da pensatori solitari e da scuole avversarie, in tempi e luoghi disgiunti, era stato concepito nella terra ellenica e nel mondo barbarico.

I pretoriani di Cesare, prima; i barbari che urgevano sulle frontiere, i cristiani fanatizzati della Tebaide, e il malgoverno bizantino, tutto mandarono in rovina, ma il vescovo Teofilo fu il distruttore finale, come del tempio dedicato a Serapide e di altri monumenti della civiltà greco-orientale.

Qui nel 360 nacqui e crebbi.

Fin da piccola Teone mi portava sulla torre per indicarmi le stelle, i pianeti e le costellazioni; mentre le bambine della mia età giocavano con le bambole, io mi divertivo a fare calcoli, a leggere e a capire.

Fui attratta subito dal cielo e dalla filosofia.

Amavo usare i risultati ottenuti da altre scienze per sperimentare una loro applicazione pratica e le donne, come sai, sono sempre state geni misconosciuti dell’applicazione pratica. Così mi occupai anche di meccanica e di tecnologia applicata, amavo far convergere matematica e geometria, tanto che giocando inventai l’astrolabio piatto, l’idroscopio e l’aerometro.

Anche la matematica era una tradizione di famiglia, così da Teone ereditai il ruolo di insegnante al Museo e in seguito assunsi la direzione della scuola neoplatonica.

La mia testa era protesa verso il cielo, fino a che i dolori al collo me lo permettevano, ma anche sui libri che amai leggere in profondità.

Studiai Archimede, Aristarco di Samo, Eratostene, Ipparco ed Euclide, mi soffermai a lungo con commenti su Apollonio e Diofanto. Divorai Tolomeo.

Ma ero una donna e questo fu il mio primo problema.

Dovetti travestirmi da ragazzo per assistere alle lezioni di Damazio e lo svergognai davanti ai suoi allievi. Avevo tredici anni e Damazio fuggì arso di rabbia per essere stato deriso proprio da una femmina.

Odiava me e le donne stesse come essenza: esseri inferiori e maligni creati da un pezzo dell’uomo nella sua parte peggiore e messi accanto a lui per tentarlo e distruggerne la forza.

Il mio interesse filosofico non era solo verso la scuola platonica, desideravo capire e spiegare tutte le scienze filosofiche.

Auspicai addirittura la politeia, avrei voluto la filosofia a decidere le sorti della città, ma mi sarei accontentata che comunque potere politico e religioso si rispettassero e si accordassero. Se uno di questi si fa più forte, le tensioni rischiano di esplodere.

E così avvenne: Cirillo iniziò una sistematica persecuzione di tutte le minoranze.

Non mi convertii mai al Cristianesimo e così firmai la mia condanna a morte.

Essere donna e insegnare ad usare il libero pensiero furono le mie colpe.

La donna impari il silenzio!

I vostri tempi mi chiamano scienziata come te, cara Margherita, allora siete riuscite a distruggere il pregiudizio che la scienza sia cosa da maschi?

Ho sentito subito, fin da giovanissima, il bisogno di trasmettere e condividere il sapere.

La scienza pensa, ma deve soprattutto far pensare: è avventura della mente che procede con regole, numeri, leggi, metodi, nozioni, formule, esercizi… ma sono fondamentali le nuove idee e la pratica della ricerca fino a spingersi oltre, senza accontentarsi mai.

Per questo ho sempre desiderato comunicare la scienza scuotendo il pensiero con il dubbio per guidarlo verso i sentieri della critica.

Non era la conoscenza il mio scopo, ma il modo di indagarla e soprattutto di trasmetterla.

Quindi perché imprigionare nel chiuso delle aule le conoscenze?

Parlavo con gli scienziati e i miei allievi, certo, ma anche con la gente comune. Forse non facevano così anche i peripatetici, gli allievi di Aristotele.

Per me la filosofia è uno stile di vita volto alla costante ricerca della verità.

Volevo condurre i miei allievi a spingersi con intraprendenza e rigore alla conquista dell’ignoto, verso quell’infinito che occhieggia nelle menti più libere e intraprendenti.

Non hai fatto così anche tu, Margherita? Sei stata per la tua epoca una accesa sostenitrice della libertà di pensiero.

Volevo insegnare a ciascuno ad aprire le menti e a non accettare alcun dogma, il razionalismo è inconciliabile con la fede. Sono convinta che occorra mantenerli distanti.

Sono qui a raccontare la mia storia anche perché vorrei che non si smettesse di riflettere sul concetto di dogma, religioso o ideologico che sia.

Non vi siete accorti che è nemico della sete di conoscenza e della libertà di pensiero?

Ai miei tempi ad Alessandria aleggiava un’atmosfera che inquietava chi era abituato a pensare: sembrava che tutti fossero pronti alla rissa, anche i dibattiti non erano più confronti, ma terreno di scontri.

Era una città perennemente in subbuglio, ogni pretesto era buono per far scoppiare una rissa. E ogni spia spiava la spia.

Non so se c’è ancora chi ha sempre bisogno di un capo che li ecciti e li seduca. Purtroppo, il fanatismo lusinga chi seduce.

E che c’entra la filosofia in tutto questo? Platone, Fedone e Alcibiade erano così quando seguivano Socrate?

Fare filosofia o politica è forse fare spettacolo?

Cosa significa essere cittadino? Farsi spremere dalla burocrazia imperiale?

Quale vittoria vuoi che sia il trionfo di una religione senza il rispetto del libero culto?

Non ho mai potuto tollerare violenze di alcun tipo, la giustizia è lontana dalla vendetta.

Ho sempre interrogato, amando il dialogo, e ascoltato i pareri discordi confutandoli sempre nel rispetto degli interlocutori, non ho mai eccitato gli animi, ho solo tentato di indurli a ragionare per accrescere la sapienza.

Mi sono sempre sentita al servizio della verità: il mio giuramento ad Atena e a Diotima è stato come quello dei medici a Ippocrate. Volevo solo appagare la sete di sapere che mi cresceva intorno.

Tanti erano i giovani seri, colti, interessati al sapere che mi seguivano e con loro ho intessuto tele di conoscenze. Altri mi deridevano, ma non ho mai tremato di fronte a chi voleva rendermi ridicola. Non ho mai avuto timore di affrontare chiunque, anche se Demetra mi ammoniva spesso: sei troppo bella per non suscitare appetiti e invidie. Per mia fortuna, incutevo rispetto. Molti dicevano: non si può essere indifferenti a Ipazia o la si odia o la si ama, senza riserve.

Come Saffo per la poesia e Aspasia per la filosofia, fui la prima matematica della storia e, mi dicono, per più di un millennio.

So che le mie opere sono andate perdute, peccato, forse avrebbero potuto aiutare ad andare avanti. Sembra che alcune si siano ritrovate proprio nella casa dei miei sicari, nella biblioteca vaticana. A volte la storia fa brutti scherzi.

Anche Sinesio, che consideravo il mio migliore allievo, dopo avermi seguito con passione e avermi chiamata madre, sorella, maestra, mi tradì passando al nemico.

Possibile che si diffondano sempre le malattie infettive e mai la ragione?

Fate tacere quella donna!

Ero pericolosa perché, come te, volevo insegnare la libertà di pensiero.

Alcuni si abbeveravano alla mia sapienza, altri erano avvolti da un timore reverenziale, ma molti mi accusarono di ipnotizzare i miei studenti con la magia e la satanica scienza degli astri.

Figurati, io così razionalista…

Ho lottato per salvare la saggezza degli antichi, proprio quando il mondo fu travolto dalla crisi di un nuovo che non seppe ripensarsi e misurarsi, impreparato di fronte al nascere e al dilagare di movimenti religiosi sempre più fanatici e intolleranti.

L’ascesa al potere della chiesa cattolica portò al patto di sangue stipulato con l’Impero romano agonizzante. Oltre alla soppressione del paganesimo, si adoperò per la cancellazione delle biblioteche, delle scienze e della ricerca scientifica. Persino ai vescovi fu proibito di studiare Aristotele, Platone, Euclide, Tolomeo, Pitagora… E a tutte le donne fu impedito l’accesso alla scuola, alle arti e alle scienze.

Molti degli Elleni più noti e influenti se ne andarono da Alessandria, ma io no, non volli partire, quella era la mia città e lì volevo vivere, insegnare e continuare la mia opera. Quando le mie parole furono superate dalle urla dei disordini, mi sono resa conto della mia impotenza.

Sia lapidata a morte!

Gridò Cirillo, vescovo e patriarca di Alessandria, ma la sua religione non predicava l’amore, ama il prossimo tuo come te stesso? Non era questo un messaggio basilare?

Mi dicono anche che lui, il mio carnefice, è stato fatto santo…

Lo so, il mio amico Oreste, prefetto della città, tentò di consigliarmi a non espormi troppo e mi difese fin che poté. Era abituato ai miei consigli e io ho sempre ritenuto doverosa la partecipazione attiva alla politica.

Egavrio mi propose addirittura la conversione al cristianesimo, in cambio di aiuti e sovvenzioni alla mia scuola, ma sapevo bene che una volta comprata non sarei più stata libera.

Come anche tu hai molte volte affermato: la libertà di pensiero è una condizione irrinunciabile per il progresso umano.

I parabolani, monaci infermieri alle dipendenze di Cirillo, mi fecero scendere e mi trainarono nel Caesarion. Mi lacerarono le vesti e mi trascinarono attraverso le strade della città per esibire lo scempio. Poi mi fecero a pezzi membro a membro e portarono quel che restava di me nel Cinaron dove bruciarono il mio corpo, cercando di cancellare ogni traccia di me col fuoco.

Era giunto l’anno 415 e sono andata in fumo, come tutti i mei scritti.

Ci uccisero l’intolleranza, l’odio e la gelosia.

So che sono stata presente in molte opere di grandi scrittori e che Raffaello mi ha ritratta in un suo affresco, unica donna presente, ma se guardate con maggiore attenzione, vedrete che sono anche l’unica a rivolgere lo sguardo all’osservatore.

Io, spirito libero, ho sempre guardato negli occhi i miei interlocutori, per questo amavo la strada. Mi gettavo sulle spalle il mio tribone e me ne andavo in giro a spiegare alla gente l’uso della ragione. Così fui amata, venerata e odiata.

Hanno detto che andavo per le piazze a predicar filosofia, ma attenzione ai verbi, non predicavo, io insegnavo: ciò significa interrogare, dialogare, far ragionare le persone, senza retorica e non commuovere o eccitare gli animi.

Anche Socrate se ne andava per le vie.

Demetra premeva che mi sposassi, ma io preferii sposare la verità e mi dicono che sono stata assurta a simbolo dell’amore per la verità e la ragione, nemiche giurate di ogni fondamentalismo, e per la scienza che fece grande la civiltà ellenica.

E adesso, cara Margherita, è stata debellata l’idea che la matematica e la scienza non siano cose da donne?

È vero che per secoli alle donne fu impedito l’accesso alla scuola, all’arte, alla scienza, alla letteratura, alla musica?

Dimmi che non si sono mai rassegnate. La rassegnazione genera abulia, non vita.

Non mi dirai che pure adesso sono costrette al silenzio e alla subordinazione?

Hanno capito che anche il pensiero è un concepimento?

È essere madre?

Nasce in te, nutre il seme di un altro, lo fa crescere e nascere altro ancora, magari simile, ma diverso. Ricchezza che si moltiplica.

Le donne hanno il grande dono della maternità, ma ho l’impressione che non si sia ancora capito che maternità è soprattutto generatività, creatività, capacità di evocare e produrre ciò che prima non c’era.

Questo era il mio potenziale generativo: accogliere, ascoltare, confrontare, interrogare… dare alla luce un’idea, combattere il vuoto della mente, l’accettazione senza critica, senza fecondare l’idea col nuovo pensiero.

Cara Margherita, vorrei chiederti anche se gli uomini hanno smesso di aver paura le donne?

Si è realizzata una comunità immune dall’invidia e dall’odio?

È stato sconfitto il libero arbitrio, la volontà di soggezione dell’altro da sé in nome del coinvolgimento e del rispetto delle diversità?

E le donne hanno imparato l’arte del contare? La pratica dell’autorevolezza e l’orgoglio della diversità? Cercare di imitarli sarebbe un passo indietro.

Allora, se gli uomini hanno sempre avuto libertà di pensiero e uso della ragione, come è il mondo adesso?

Dimmi che almeno è stato sconfitto il buio delle menti, debellata l’ignoranza e che la cultura non è più nemica.

Le religioni hanno imparato a rispettarsi e a convivere nel nome dell’essenza dell’amore?

Spero che gli uomini abbiano aperto gli occhi sull’identità delle donne e sull’oppressione che la cultura ha operato su di loro per secoli; mi auguro che si siano liberate degli stereotipi culturali e attraverso il loro coraggio si siano conquistate il diritto di essere libere di pensare e immaginare con la propria mente un modo nuovo di rapportarsi agli uomini. Tutto questo presuppone un cambiamento culturale a tutto tondo e so bene quanto l’affermarsi di una nuova cultura proceda con lentezza. Però non deve esserci mai rassegnazione, è sempre segno di povertà esistenziale.

Questo è il mio messaggio.

Vorrei essere con tutti i liberi pensatori nel muovere l’umanità verso una vita senza violenze, sulla strada dello sviluppo di tutti i campi del sapere, nella nobile pratica del rispetto e della condivisione delle conoscenze.

Ipazia di Alessandria