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E’ una scatola di metallo, col coperchio elegante in un mixage di avorio e oro in campo rosso.
Una di quelle scatole che adesso si trovano nei mercatini del passato.
La conservo da molti anni usandola come contenitore di curiosità: spille e anelli, nastri e orecchini di foggia varia e di varia provenienza.
Cose ai più non preziose, ma molto preziose per me.
E’ una scatola di ricordi.
Campeggia la scritta KRUMIRI. Specialità di Castelmonferrato, Rossi creatore del prodotto – Brevetto N° 7436. Provv. di S. M. il Re d’Italia e Reali Principi d’Aosta e di Genova. Medaglia d’oro del Municipio di Casale.
Che presentazione per dei semplici biscotti: semplici nel sapore, ma originali nella forma.
E’ la scatola di Linuccia.
Sì, la mia bambina con la palla in mano… la protagonista di quella poesia di Umberto Saba, che a scuola mi avevano fatto imparare a memoria. E questa immagine così familiare mi è stata impressa nella mente, fin quando ho avuto l’occasione di incontrarla e di conoscerla.
Era il 1978, la mia bambina, Silvia, era nata da poco e cominciava già a fare i conti con una madre sempre troppo indaffarata: insegnavo e, come Assessore del Comune di Certaldo, mi ero messa in testa che questo luogo fosse il vero ombelicus mundi e che bisognasse non dimenticare mai l’ombra del Grande che qui forse aveva avuti i natali, ma che comunque era qui passato a miglior vita.
Così il Palazzo Pretorio ospitava eventi ed esposizioni prestigiose, fra cui una mostra antologica dell’opera pittorica di Carlo Levi.
Fu così che incontrai Linuccia Saba, depositaria della maggioranza delle opere di Carlo Levi.
Al primo incontro nella loro casa romana, alle 14, poiché Linuccia aveva continuato a vivere di notte e a dormire fino a tarda mattinata, secondo le abitudini di Carlo, mi apparve come me l’ero immaginata, longilinea e magrissima, come il cane Barbone che la seguiva come un’ombra.
Tè, marmellata di rose, fatta giungere per lei dalla Bulgaria, e biscotti krumiri contenuti in una scatola rossa di metallo.
Era la sua colazione di tutti i giorni, sempre uguale e sempre molto parca.
Spiluzzicava e parlava, parlava e sorseggiava il suo te con studiata lentezza.
Lei mi raccontava della sua vita con Carlo, io della mia bambina che stava crescendo.
“Devi scrivere un diario, devi appuntare quello che fa e quello che dice, è importante, ti sarà prezioso quando sarà grande”.
Lei che non aveva avuto figli mi dava questi preziosi consigli che io non ho seguito e me ne sono amaramente pentita.
Quando Linuccia arrivò a Certaldo per l’inaugurazione della mostra, appena scesa dall’automobile che l’aveva accompagnata, mi chiese di andare subito in una panetteria.
Ne fui sorpresa, perché ero abituata a vederla sempre mangiare pochissimo, ma appena entrate nella panetteria più vicina mi disse che quella era un’abitudine che aveva preso con Carlo e che voleva conservare. “Appena andavamo in un nuovo paese, dovevamo subito assaggiare il pane, perché nel pane c’è il cuore della gente: in ogni paese si fa il pane con acqua e farina, ma ogni pane è diverso…”
Grazie a questo incontro ho approfondito la conoscenza di Carlo Levi e di Umberto Saba.
Tenerissima è questa poesia del padre a lei dedicata.

A mia figlia

Mio tenero germoglio,
che non amo perché sulla mia pianta
sei rifiorita, ma perché sei tanto
debole e amore ti ha concesso a me;
o mia figliola, tu non sei dei sogni
miei la speranza; e non più che per ogni
altro germoglio è il mio amore per te.
La mia vita mia cara
bambina,
è l’erta solitaria, l’erta chiusa
dal muricciolo,
dove al tramonto solo
siedo, a celati miei pensieri in vista.
Se tu non vivi a quei pensieri in cima,
pur nel tuo mondo li fai divagare;
e mi piace da presso riguardare
la tua conquista.
Ti conquisti la casa a poco a poco,
e il cuore della tua selvaggia mamma.
Come la vedi, di gioia s’infiamma
la tua guancia, ed a lei corri dal gioco.
Ti accoglie in grembo una sì bella e pia
Mamma, e ti gode. E il suo vecchio amore oblia.