Arte en plein air, anzi femme en plain air è quella di Alain Bonnefoit, pittore

Pittore pittoresco. Suggestivo e caratteristico per armonia di linee e di colori. Delinea paesaggi femminei alla ricerca di effetti espressivi quasi narrativi ricercando una frase intonata, misurata ed elegante. Le colline toscane, sua terra d’elezione, diventano frasi di una scrittura pittorica che rappresenta donne ed evoca paesaggi. La sua arte si fa così azione scenica pitturata, pitturata con amore come se fosse ricamata.

I segni e le linee si dispongono in posizione ritmica alla ricerca di effetti musicali, nella rappresentazione di un mondo esterno capace di evocare mondi interni, anzi interiori.

Segni fonosimbolici abili a farsi poesia nella continua ricerca di concordanze, nello studio di proporzioni armoniche, di quelle componenti sinusoidali del segno in cui può essere scomposta un’oscillazione periodica.

Così amplifica il suono dell’immagine utilizzando la risonanza che nasce spontanea in chi la guarda. Chi guarda decifra e sente scattare la molla dell’appaesamento in paesaggi tanto noti quanto sconosciuti, come quelli del corpo femminile, nella ricerca di un accordo a più registri con l’obiettivo dell’equilibrio, o meglio di una metafonesi pittorica.

Melodia orecchiabile intesa come espressione organica, gradevole equilibrio di tratti e di colori, frase pittorico-musicale capace di farsi aerofana: così la pittura-scrittura diventa canto. Canto stilisticamente caratterizzato da una melodia senza enfasi ed esagerazione del tratto. Il tutto composto ed elegante, di quell’eleganza sobria della nudità. La ricolma di luce e la luce non pesa.

Madre, moglie, amante… Madonna e Maddalena, la donna di Bonnefoit schiva le etichette, sfida i luoghi comuni e si lancia protagonista del nuovo millennio. Ricca di una nuova potenza, di un segno che la rappresenta nel farsi poetica narrazione musicale.

Non sono donne grintose e aggressive, dee greche pronte alla guerra o veneri sexy, né donne angelicate, le donne di Alain Bonnefoit, ma portatrici di una femminilità lieve ed eterea, di una leggerezza evanescente, attraente, quasi ammaliante e non certo angelicata nella grazia del niente. Comunque sempre scenografiche. Pavonesche. Emblemi dentro nomadi fiabe che raccontano colline di terra e di carne, coppe di seni e di vino. Fiori e frange ricorrenti nel bianco dell’attesa, nel rosso di ferite da curare, nel verde memoria di erbe da accarezzare, negli azzurri di cieli che non intendono cedere alla sera.

Così
ho spento il lume e aperto l’uscio
A te, così semplice e prodigiosa”

(Anna Achmatova)

Femmina, appunto, en plein air.

Ci sono molti modi di raccontare le donne, quelle di Alain Bonnefoit sono variopinte e sono donne che coinvolgono ed emozionano. Indossano la beltà rischiosa del proprio corpo, sono presenze fisiche quasi reali, ma evocanti con la perturbante malia del segno per diventare miscuglio di seduzione, di mito e di novità. Ma è la seduzione a dominare, sono muse incantatrici che tengono in pugno i loro eroi. Possono chiamarsi Alcina o Carmen, Elena o Medea, Venere o Minerva, sono comunque sirene che catturano con i loro gesti seduttivi. E con la leggerezza che provoca incantamento, senza sproporzioni o eccessi. Sono fatte di carne, di ossa e di pelle, sono terrene e non divinità come qualcuno le vorrebbe, tanto che ti vien quasi voglia di accarezzarle, sotto il cielo indifferente di questo mondo.