Il testo è stato scritto per offrire un contributo poco consueto a uno dei molti dibattiti che si sono svolti e si svolgono a Firenze sul tema della politica culturale, in sostanza vuole essere un invito a una fattiva collaborazione, ironizzando sulla cronica abitudine dei fiorentini a discutere su tutto.

– Buon giorno signora!
– Buon giorno, piacere: Cultura.
– Cultura? Che nome strano… e cosa fa signora? coltiva?
– Beh, più che coltivare, coltivicchio: sa per coltivare occorrono i semi e di questi ne ho sempre di meno… io lavoro lavoro, ma non attecchiscono, crescono piante un po’ stenterelle, magari qualcuna spunta con una forza e una bellezza straordinarie, poi – zac! – vengono subito recise, oppure deperiscono, perché avrebbero bisogno di un po’ di nutrimento, di un po’ di considerazione, insomma di un po’ di cura…
Deve essere molto più comodo lasciare incolti o dimenticare,  oppure far crescere pianticelle tutte piccole piccole, ma uguali uguali, conformi… insomma regolari e coerenti: tagliare subito quelle che crescono miserelle, graciline, smunte o diverse dalle altre. Non sono utili a nessuno.
E’ questo che sento dire in giro…
E poi le mie pianticelle, invece di sostenersi a vicenda, di aiutarsi… cosa fanno?
Si litigano, discutono su ogni quisquiglia, al massimo se ne stanno ognuna per conto proprio.
Discussioni continue… “io ho la lettera maiuscola, sono io la più titolata: la Cultura sono io, sono aristocratica e voi borghesucce e voi… popolari… popolari figuriamoci, non avete mai imparato nemmeno a leggere e a scrivere, che pretese… volete persino chiamarvi cultura: meno male che vi accontentate della minuscola, perché Cultura con la C maiuscola – sia chiaro – sono soltanto io.
E poi io, non sono certo una cultura di massa…
Io sono classica, filosofica, umanistica, sono fatta di un’altra pasta: solida, rigorosa, dotta, insomma.
Solo io sono la cultura colta.
Conoscenza, mica erudizione.
Sapienza e dottrina, essere e pensare: vera civiltà.
Tutt’al più, se devo coltivare, coltivo colti.
Casa faccio? Il fare non è nella mia natura. Per questo ci sono le mie sorelle, ma siamo così diverse, che se ne stiano per conto loro, non sanno nemmeno di greco e di latino: sbagliano la sintassi e non usano il congiuntivo!
Mia sorella Tecnica, per esempio, non smetterebbe mai di fare, di affaccendarsi dappertutto, ma che impari a pensare un po’ di più!
Val più la pratica della grammatica?
Mah, io ho i miei dubbi.
Scientifica, si dà un monte di arie e poi non  è capace di distinguere un anacoreta  da un anacoluto!
E’ anolettica?
Macché: è piena di anacorismi, un’anafora anafrodisiaca!
A proposito di arie, non vi dico l’Arte, l’altra mia sorella: non mette mai i piedi per terra.
I matti crescono senza annaffiarli: non vi dico come si è moltiplicata: pittura, scultura, teatro, musica… c’è perfino l’arte magica… un vero diluvio!
Rivedi quel che sai dice Ricerca, la saggia, e ha ragione: ma come facciamo senza un briciolo di alimento, per questo se n’è dovuta andare in America!”
E sapete cosa dico io, che cosa non mi stanco di ripetere?
L’oro s’affina al fuoco e l’amico nelle sventure
Ama l’amico tuo col vezzo e col vizio suo
Amici da starnuti il più che tu ne cavi è un dio che t’aiuti
Peggio è l’invidia dell’amico che l’insidia del nemico
Allora cerchiamo di evitare che Ai peggio porci vadano le meglio pere
E visto che un bel gioco dura poco e: chi sta troppo in su le chiacchiere, torna a casa pien di zacchere e io a casa piena di zacchere non voglio tornare, la sintesi è questa:
Chi dorme non piglia pesci
Lasciamo la via vecchia per una nuova
Non è vero che chi vive di sogni ha meno bisogni
I neutrali son come chi sta al secondo piano: ha il fumo del primo e il piscio del terzo
E infine ricordiamoci che a ben condire l’insalata ci vuole un avaro per l’aceto, un giusto per il sale e uno strambo per l’olio.