pater

Libro vincitore, per la Prefazione, del primo premio letterario Città di Forlì 2010, con la seguente motivazione:
Paternità: un argomento complesso tratteggiato sapientemente, fra slanci lirici e realistica concretezza di immagini.
Parole tenere e forti, come il padre ideale, poche parole per definire rapporti complessi e ruoli antichi, seppur sempre nuovi: in definitiva, una scoperta “illuminante” quella del “pater”.
Sandra Landi apre “lo scatolone del tempo”, la “sterminata mappa della vita” alla ricerca di “storie a brandelli”, storie di padri e figli e ci “imbandisce” parole da gustare e assaporare…

Il libro Pater raccoglie poesie a cura di M. Cristina Landi, con opere visive di 13 artisti contemporanei (Morgana, Firenze 2007).
Sono state organizzate diverse esposizioni delle opere e presentazioni del libro fra le quali si ricordano quella all’Istituto degli Innocenti a Firenze nel marzo 2007 e al Centro “Otello Cirri” di Pontedera nell’aprile del 2007.

Introduzione al libro

E’ un libro. E già non è poco.
La prima volta si sbircia con curiosità, poi si risfoglia e si legge con commozione, perché la narrazione poetica è seducente, cattura e avvolge soprattutto chi ha bisogno e voglia di lasciarsi sedurre e trasportare, magari “come un sughero sull’onda” come scriveva Roland Barthes. Perché la poesia è chimera che blandisce e rapisce, incanta e affascina, ma la coda di drago vomita fiamme.
Curiosità e rabbia, dolori e rimpianti, nostalgia e speranza si confondono. Passato e presente si amalgamano nel segno-parola. “Filastrocche di carta” abbattono mura resistenti, invisibili e apparentemente “insuperalibili”.
Ma sono i “ponti di voce” a essere i più solidi.
Perché “meno che nulla / sarei, se tu non fossi stato.”
Ed ecco che appaiono paternità effimere, nate solo per aver ceduto alle lusinghe della carne, accanto a paternità storiche e spirituali, però ugualmente consacrate in immagini e parole, magari ineffabili come quelle della poesia.
Padri guitti e imbonitori, che amano e scappano; padri schiacciati dalla colpa di sentirsi in colpa; padri compunti e seriosi, che si fanno esempio e guida dell’amore naturale e del buon senso; padri candidati a mai diventarlo, padri di figli di sole madri; padri narcisi di figli perfetti, destinati a esser delusi. Figli di padri mai nati padri. Padri che diventano figli, figli che diventano padri.
“Ho gli anni di mio padre” scrive Giovanni Roboni, e adesso “gli divento giorno dopo giorno fratello, fra non molto fratello più grande.”
Sono “vite che si incollano prima della nascita” – figli, padri, fratelli – avvolte nella spirale del conoscersi senza riconoscersi.
Noi che siamo una vita, voi che siete una vita fa, loro che saranno la loro e la nostra vita.
Non hanno nome e cognome, non si lasciano riconoscere in queste storie accennate, sono tutti morti per finta e per finta rinati nella poesia. Rinati “con il passo da guerriero” sulla strada degli “imperatori”, per dissotterrare “domande mute, richieste di bambina”. “Ognuno con il suo fare”, tra voglia di tenerezza e di intimità, tra rancori e odi non ancora sopiti: “padre losco, maledetto bugiardo”, tra “mostri che ancora ringhiano di qua e di là” come scrive Eugenio Montale.
Chi li ritrae, figlie e figli nati “una vita addietro”, è gente del mestiere: allude, tratteggia e rappresenta.
Il rumore dei fatti, si trasforma in musica di parole e immagini.
“Musica-padre”.
La relazione fra padri e figli è sempre stata complessa, destinata a mutare e a complicarsi sempre di più col passare del tempo: occorre nascere come padri e come figli, crescere e mutare, favorire la separazione e l’emancipazione, fronteggiare richieste confuse e contraddittorie. Flessibili, ma fermi; teneri, ma forti. Insomma, ogni certezza è sempre seguita da un ma, e per di più è un ma mai definibile una volta per tutte.
Richiede una crescita e un’emancipazione comune, come figli e come genitori.
Con complicati equilibrismi educativi: l’ombra dell’albero si sposta, ma parte sempre dalle radici comuni.
“Padre, radice che mi cresci dentro” scrive Maria Luisa Spaziani.
Indossare l’abito del padre, al momento della nascita del figlio, è sempre difficile, perché è un abito largo e informe, intessuto di leggende e colorato di pregiudizi; è cosa ben diversa dall’indossare l’abito dell’amante al momento del concepimento. Insomma, non può essere un travestimento oppure un trionfale vestire l’abito della festa.
E’ un ruolo difficile, per il quale occorrono strategie e tattiche sempre nuove. Non è facile essere educativamente strategici, come si richiede a qualsiasi genitore. E poi nell’intricato labirinto della complessità sociale.
Il conflitto – non è mai il primo, né sarà l’ultimo – ogni padre e ogni figlio lo conosce bene, per averlo più o meno sentito o vissuto, più lieve o più feroce, nei sentimenti che hanno accompagnato i momenti della loro formazione, e che comunque hanno inciso sulla carne.
La valanga del tempo ha poi travolto e in qualche modo plasmato il tutto, ha fatto quel che ha fatto: qualche taglio, qualche ferita più o meno leggera. E’ tutto un dare e togliere, prendere e avere. C’è da avere paura.
Ma finalmente “non ho più paura / di dirti che ho paura.”
E allora, io figlia, sento un fastidio diffuso di piccoli spilli, conficcatisi a pelle, magari senza sangue, ma sempre con dolore.
Padre disarmato è quello di oggi; non rappresenta più né lo stato, né la norma da imporre. Il potere gli è stato tolto ormai da molti anni e condiviso da tutta la famiglia. Il figlio può farsi pacifista, non c’è più bisogno di contestarlo o di emanciparsi dal suo dominio. Cerca di farsi obbedire per amore, non più per paura; prova a capire i figli, non vuole più dominarli, vuol solo aiutarli – o almeno ci prova – a percorrere la loro strada con autonomia.
Così il significato del nuovo rapporto fra padre e figlio si fa più profondo: la solidarietà affettiva spinge a stringere alleanze, a dare senso comune allo scorrere della vita valorizzando reciprocamente i ruoli.
Al padre si chiede sempre di essere migliore, perché su questo suo essere migliore dovrà costruire la sua autorevolezza, al figlio si chiede sempre di essere migliore, perché su questo suo essere migliore dovrà costruire l’evoluzione della specie.
Insomma le ultime vicende storiche e sociali hanno riempito lo scatolone del tempo di tutto un po’: storie narrate e storie taciute, storie gridate e storie sussurrate hanno costruito un ammasso difficilmente definibile di stereotipi, prevenzioni e ubbie, da cui spuntano lame e artigli, buchi neri come bocche spalancate.
Talvolta emergono tentativi di cancellare un passato incancellabile, oppure sforzi di medicare ferite insanabili.
C’è bisogno di guardarsi finalmente negli occhi, per continuare a tessere la tela della vita, in attesa che comunque qualcuno, nello scorrere del tempo, sia capace prima o poi di decifrarla.
Con le poesie? Figurarsi!
Con l’arte? Figurarsi!
Si tratta sempre di foglietti… magari saranno ben composti e rilegati, ma sempre foglietti sono, poco adatti a raccogliere la sterminata mappa della vita. Adesso però chiedono asilo in una composizione finalmente armonica, può essere anche un libro, che, quando vuole, sa proprio trasmettere armonia. E poi ospita gente che ci sa fare con i segni, siano esse parole o immagini. Hanno tutte un senso, ingegnoso e ineffabile, quel senso particolare capace di moltiplicare in modo ingegnoso il non senso dell’arte e della poesia.
Ne esce un piatto morbido e profumato, quasi infantile, non certo da mangiare, ma da gustare, magari con il cucchiaio, comunque senza coltelli, mi raccomando.
E allora nel leggere e nel guardare ci scopriamo affamati, ghiotti e attratti da queste bizzarrie del gusto che avevamo creduto inafferrabili e distanti, di una distanza alchemica. Come quella che scorre fra la normalità dei fatti vissuti e l’eccezionalità della poesia.
Parole e immagini attendono i nostri cucchiai sospesi a mezz’aria, pronte a esser gustate e assaporate, non certo morsicate.
Talvolta è proprio l’imperfezione, l’abbozzo che lascia intravedere più che mostrare – quasi a sbarrare l’accesso alla tana del bello – a rendercele più care.
Rumori leggeri si mischiano a grida acute, a rimproveri strozzati, inafferrabili malessere.
Parole e immagini stringono un’alleanza capace di creare non un linguaggio figurato, ma figurante un poetare comune. Perché comune è il bisogno di essere amati.
Sono in tutti noi non scritte, queste storie a brandelli, ma tocca ai poeti e agli artisti – come si suol dire – mettere nero su bianco.
Eccolo.
Un libro.

Padre-libro effimero testardo
Ancora inconsulto partorisci
Testi e tratti
Eterni amor-dolori di carta
Riaffabulando

Elenco artisti

Marco Borgianni
Carlo Cantini
Andrea Dami
Patrizia Gozzini
Andrea Granchi
Luca Matti
Lisa Nocentini
Elena Salvini Pierallini
Gianna Scoino
Ottavio Troiano
Giovanna Ugolini
Deva Wolfram

Elenco autori

Bartolucci Vittoria, Da allora
Basagoitia Gladys, Ambivalenza
Bei Dao, A mio padre
Benedetti Mario, Mio padre
Bettarini Mariella, Musica-padre
Borgini Alma, Partiva il babbo per la guerra
Bruschi Brunella, Padre
Butti Enrique M., Dinanzi al figlio neonato
Canfield Martha, Nomi
Cárdenas Ruth, Paternità andina
Colucci Carlo Felice, Il tempo del seme
Corona del Annarosa, A mio padre
Cremonte Walter, Mio padre da ragazzo
Fabbri Francesco, Mio padre
Farabbi Anna Maria, Presenza
Fiore Elio, Nell’orto di mio padre, sovente
Giacon Antonella, Onore al padre
Giunti Mario, Padre e figlio
Gros-Pietro Sandro, Padre nascosto
Grueff Liliana, Il peccato di Cam
Guidi Anna Maria, L’incontro
Hinostroza Rodolfo, Le ossa di mio padre
Liscio Maria, Quietato
Loi Franco
Lo Re Maria Stella, Della terra e del cielo
Lo Russo Rosaria, I bambini ape
Lucarini Paola, Padre, ogni uomo
Magnanini Dario, Funerale del padre
Maleti Gabriella, In quella consumazione di assensi
Mardani Faezeh, In esilio
Miloslavich Diana, Ceneri di sogni nel mare di Lisbona
Moromisato Doris, Mio padre
Moschini Maria Pia, Nell’Obliquo Giardino
Munaro Marco, Sono frecce avvelenate
Ocampo Zamorano Alfredo, Dialogo con suo padre
Oliveira de Vera Lúcia, Petali
Orrillo Winston, Mio padre lo vedo…
Ottaviani Paolo, Apocope
Poluzzi Graziella, Ritratto paterno
Pumhösel Barbara, Simmetria assurda
Quarenghi Giusi, Pater
Rabatti Leonello, Padre
Raboni Giovanni, Ho gli anni di mio padre – ho le sue mani
Santoro Salvatore Armando, Edera amara
Savino Giovanni Stefano, …e la mia vita è incollata alla tua
Segato Giorgio
Servadio Elisabetta, “Mio padre”
Šmitran Stevka, Padre
Spaziani Maria Luisa, Padre che mi cresci dentro
Trombetti Caterina, Risveglio
Ugolini Liliana, A mio padre
Valcárcel Carnero Rosina, In cerca dei suoi vecchi occhi