La Commissione Europea ha posto come obiettivo per il 2010 che almeno l’80% della popolazione fra i 25 e i 64 anni abbia conseguito un diploma di Istruzione Secondaria Superiore.
In Italia i senza diploma sono il 45%, il 15% in Germania, il 24% in Francia, il 34% nel Regno Unito. Il divario è veramente grande.
E’ importante avvicinarsi all’obiettivo, come risposta a una giusta richiesta, ma è soprattutto importante avere la consapevolezza che è un dato inaccettabile per qualsiasi paese civile.
Un Istituto di Ricerca Educativa, in qualsiasi modo si chiami, IRRE o ANSAS, secondo la nuova normativa, non può prescindere dal focalizzare la sua azione

  • sulla ricerca dei curricoli più consoni a raggiungere tale obiettivo
  • sulla conoscenza delle competenze chiave richieste dall’Europa
  • sulla sperimentazione di modalità di formazione che si basino sul protagonismo degli insegnati
  • sul tentativo di raccordare i molti soggetti istituzionali che investono sulla prevenzione e contrastano la dispersione
  • sul tentare insieme ad essi di applicare davvero le scelte concordate, costruendo insieme una Carta culturale del territorio.

Ne scaturisce un nuovo tipo di scuolacentrismo: la scuola svolge un servizio per il territorio.
Ecco la scelta di lavorare con i docenti che hanno a che fare con la dispersione: biennio, educazione degli adulti, serali, IFTS ecc.
Ecco la scelta di mettere il lavoro di ricerca a disposizione della comunità.
L’attuale realtà specialmente in Toscana presenta un pullulare di esperienze, magari ben progettate e ben definite, ma che non si raccordano, si registra una mancanza di coordinate stabili e riconoscibili, una carenza di sinergie.

C’è troppa ricchezza?

Ecco quindi la necessità di definire i soggetti istituzionali partner, progettare l’organizzazione più efficiente, per rispondere ai bisogni di una persona che mira alla piena realizzazione di sé e all’effettivo esercizio dei diritti.
Occorre far chiarezza sui ruoli e le competenze istituzionali: Stato, Regioni, Autonomie Locali, agenzie pubbliche e non.
Si fa sistema se si pensa in una prospettiva di sistema che porti ad una vera progettazione integrata: individuazione di nodi problematici comuni, chiarezza di ruoli e di obiettivi, sussidiarità: azione comune integrata di diversi soggetti sul territorio.
La situazione del vivere quotidiano è veramente problematica: possiamo verificare un progressivo venir meno di un’etica della responsabilità nei comportamenti pubblici e privati, e un affermarsi di modelli e stili di vita dove domina l’apparenza e la superficialità.
Il vivere sociale è segnato da inquietudini, incertezze e contraddizioni.
Predomina una cultura dell’avere (tutti vogliono avere molte cose, molti oggetti) che disprezza o considera poco la cultura dell’essere (si legge poco, si considerano poco le arti, ci si accontenta di poco: imperano le semplificazioni, le riduzioni, i Bignami, il sapere in pillole…).
Aumenta il disagio degli insegnanti: soprattutto per quelli che lavorano nel biennio, soprattutto per quelli che lavorano con i cosiddetti soggetti a rischio.
Nella scuola la problematicità è ancora più forte: emergenze continue, compiti sempre nuovi e aggiuntivi, drammatici e spiazzanti.
Si sente la necessità di andare oltre modelli centrati sull’emergenza in cui il bisogno è considerato un problema, il bisogno deve diventare scelta e condivisione.
Abbiamo quindi pensato esperienze e modalità nuove di formazione: alla ricerca del superamento del modello della lezione dell’esperto, abbiamo chiesto ad alcuni intellettuali parole stimolo, che rappresentassero idee forti, feconde, maieutiche, capaci di stimolare il protagonismo degli insegnanti, affinché diventassero oggetto del ripensamento dei curricoli disciplinari in vista della creazione di curricoli di cittadinanza. In sostanza abbiamo chiesto: quali sono le parole irrinunciabili per un curricolo di cittadinanza?
Gli insegnanti delle diverse aree sceglieranno qualcuna di queste parole per trasformarle in percorsi curricolari durante laboratori di progettazione didattica.
I laboratori produrranno come risultato curricoli di cittadinanza per metterli al servizio della cittadinanza: convocheremo infatti i rappresentanti degli enti che lavorano nella medesima direzione, chiederemo loro rapporti di parere, e sui punti concordati stenderemo una carta culturale del territorio.
C’è una forte e impellente necessità comune di ricercare quali siano i saperi essenziali per formare cives e non clientes.
Leggo in Charles-Louis de Montesquieu: “l’ambizione nell’ozio, la bassezza nell’orgoglio, il desiderio di arricchire senza fatica, l’avversione verso la verità, l’adulazione, il tradimento, l’inadempienza dei propri impegni, il disprezzo dei doveri del cittadinanza”.
Mentre per essere cives “bisogna avere l’intenzione di esserlo, e amare lo stato di per sé, e non nel proprio interesse.”
E quindi riscoprire il piacere dell’agorà, di un libero confronto delle idee, di un concetto di politica a favore della polis.
Ma per essere cives occorre la città (concetto di comunità intesa come gruppo di persone che hanno in comune munibus, non moenia).
Non si tratta di ricercare una pedagogia della democrazia, ma di insegnare ad essere democratici.
Come non si tratta di considerare la democrazia come oggetto di conoscenza.
Non basta la conoscenza della virtù ad essere virtuosi.
Anzi, la democrazia, se non esercitata dalla partecipazione, produce apatia politica.
La democrazia non partorisce se stessa, ma apatia politica, la democrazia non è maestra di democrazia: oggi purtroppo regnano indifferenza e approssimazione politica (bene e male, destra e sinistra, verità ed errore), carenza di impegno e partecipazione.
La democrazia  stanca, è faticosa, viene a noia…
Gustavo Zagrebelsky lo dice molto chiaramente: “la democrazia non promette nulla a nessuno, ma richiede molto a tutti”.
Ogni società ha un modo di governarsi cui corrisponde un ethos particolare che deve informare lo spirito degli individui che governano e che sono governati.
Una società democratica è una società di individui politicamente attivi, che agiscono nello spirito delle regole.
Sapere applicare le regole, sapere proporre una loro modifica è un sapere di cittadinanza.
E allora come educare alla cittadinanza, ricercare ed esercitare: consapevolezza, partecipazione, habitus critico, attivismo, responsabilità, solidarietà…?
Le esperienze sinora realizzate presentano forti elementi di criticità, per esempio sono state per la maggior parte concepite come aggiuntive al curricolo delle discipline.
Anche per quanto riguarda l’educazione degli adulti, si sente molto forte la necessità di coniugare curricolo formale e informale.
Occorre agire nella scuola e oltre la scuola in una concezione dinamica dell’apprendimento-insegnamento in continuo mutamento per tutto l’arco della vita.
I saperi di cittadinanza non sono aggiuntivi al curricolo, riguardano il curricolo, la didattica, l’organizzazione.
Ma non possono essere considerati solo oggetto di conoscenza, basti pensare all’Educazione civica: la sua marginalità, il suo diventare soltanto disciplina, oggetto di conoscenza e pure di second’ordine (informazione sommaria, approssimazioni concettuali) ci fa subito capire che non è questa la strada.
Il concetto di cittadinanza, fattosi oggetto di conoscenza, non è capace di formare valori.
Tutte le discipline, opportunamente ripensate e calibrate, concorrono alla costruzione dei saperi di cittadinanza (non solo Storia e Diritto).
E’ il curricolo disciplinare che deve farsi sapere sociale.
Possedere saperi di cittadinanza significa comprendere il senso della propria esistenza, progettarla e guidarla: costruzione di significati per il sé in funzione degli altri.
Rousseau individuava come essenziale la “capacità di dar leggi a se stessi”.
Occorre poi ricercare coerenza nei POF fra esplicitazione delle finalità e curricoli, perimetrando e calibrando bene  contenuti, tempi e forme d’intervento.
Perché, per esempio, parlare di recupero,di risarcimento… perché puntare in basso? Perché accontentarsi di poco?
Recupero e di sostegno significano riduzione, semplificazione, ripetizione?
Attualmente assume un nuovo significato anche il leggere, scrivere e far di conto, considerato chiave di volta per lo sviluppo dell’economia.
Occorre quindi

  • una didattica più rispondente ai bisogni e agli stili cognitivi dei soggetti in apprendimento
  • uno spostamento dell’asse dall’insegnamento all’apprendimento
  • un aumento di qualità e di efficacia: un apprendimento capace di combinare diversi tipi di conoscenze e di competenze.

Costruire, in sostanza, un quadro significativo essenziale di competenze: una forma mentis, un comportamento colto.
Ma qual è quella cultura che rende persona disinteressata e partecipe, che rende cittadino?
Essere cittadino riguarda tutti, non solo soggetti a rischio.
Quali sono gli elementi base per elaborare un curricolo di cittadinanza?
Si tratta di una innovazione e razionalizzazione dell’intervento educativo, per cui occorre:

  • partire dalla struttura epistemologica delle discipline (Bruner)
  • consolidare le discipline, approfondirle, ripensarle nel loro sviluppo
  • stabilire che cosa è irrinunciabile a livello di conoscenze
  • scegliere nuclei conoscitivi forti
  • delineare percorsi intesi come esemplificazione di conoscenze POCHE bisogna scegliere
  • scelta concepita non come riduzione del sapere ma approfondimento, ripensamento in funzione della cittadinanza (esempio geografia)
  • individuare livelli soglia su cui orientare la progettazione
  • considerare le conoscenze mai separate dalle competenze
  • la competenza si colloca dopo il contenuto o è contemporanea?
  • la conoscenza è in funzione della competenza?
  • inquadrare tutto in una logica sistemica: formare intelligenze competenti che siano capaci di conoscere e di usare le conoscenze per agire
  • individuare il senso del possibile (che cosa possiamo insegnare per fare acquisire significati in direzione della cittadinanza e come?)
  • attivare una riflessione epistemologica, metodologica (operatività, realtà esperenziale, espressività…) e valoriale
  • valori da costruire con coerenza
  • costruire processi centrati sugli alunni e le loro diversità, sulla qualità, sul rigore, sulla lentezza, sulla riflessività (autovalutazione, metacognizione), sull’esperienza del soggetto
  • individuare Consigli di classe disposti a sperimentare

Si tratta di costruire quadri di competenze: poche e descrivibili con molte intersezioni di saperi aree.
Percorsi curriculari non prescrittivi e vincolanti, ma come punti di riferimento, cornici da contestualizzare.

Quadro condiviso di indicazioni culturali: cocostruzione.

Processo di autorevolezza culturale per una maturazione culturale: costruzione lenta, ma che va nel profondo.
Lievito per far crescere e fermentare
Vorrei concludere con alcune citazioni.
Per Norberto Bobbio: “l’educazione alla democrazia si svolge nello stesso esercizio della pratica democratica.” Deve diventare un costume.
Gustavo Zagrebelsky in Imparare democrazia riassume in dieci punti i contenuti minimi:

  1. La fede in qualcosa
  2. La cura delle personalità individuali
  3. Lo spirito del dialogo
  4. Lo spirito dell’uguaglianza
  5. L’apertura verso chi porta identità diverse
  6. La diffidenza verso le decisioni irrimediabili
  7. L’atteggiamento sperimentale
  8. Coscienza di maggioranza e coscienza di minoranza
  9. L’atteggiamento altruistico
  10. La cura delle parole

La parola che porto come contributo alla riflessione e progettazione è un’autocitazione (Scritture e ri-scritture a cura di S. Landi).

Lentezza

“La lentezza domina nella vita dello spirito, mentre nella vita pratica domina incontrastata la velocità. La velocità è ingorda, la lentezza è golosa. La velocità è dogma, la lentezza è persuasione. La velocità pensa in aereo, la lentezza pensa a piedi.
La velocità getta via, la lentezza conserva.
La velocità è il qui e ora, la lentezza pensa anche al dopo.
La velocità pensa con il computer, la lentezza pensa con il cervello.
La velocità pensa con l’indicativo, la lentezza pensa con il congiuntivo.
La velocità è scopare, la lentezza è amare.
La velocità è l’odierna realtà, la lentezza è il suo sconfinamento.
La velocità è il disincanto, la lentezza è l’incanto.”