Homo sapiens, homo videns, homo zappiens…

Nella nostra epoca ad accelerazione forsennata il futuro è già presente.
Dalla generazione dell’homo sapiens, siamo passati a quella dell’homo videns e adesso siamo all’homo zappiens.
Intendo per Homo videns la generazione anni ’80 caratterizzata dai primi cartoni giapponesi, Remy e Ape Maya, i sofficini e il mulino bianco, Mazzinga Z, Ambra e Fiorello, Non è la RAI e Karaoke, gli 883….
I ragazzi erano sempre più soli davanti alla TV, baby sitter e surrogato della famiglia.
Emergevano le seguenti caratteristiche: predominio dei linguaggi visuali, una progressiva accelerazione della vita, la semplificazione del linguaggio, l’agonia del libro, il procedere del pensiero semplificato,il predominio dell’intuizione più che l’analisi, superficialità, quantità più che qualità… insomma lo spettacolo si guardava e prevalentemente in TV…
Si trattava di un’omologazione anglo-americana.
Adesso lo spettacolo si fa: con il corpo e con tutte le parti del corpo, con le tecnologie.
Per l’Homo zappiens si tratta di un’omologazione a modelli planetari, prevale l’uso delle nuove tecnologie, l’accelerazione procede a ritmo sempre più forte, si vuole il tutto e subito, il tutto facile  con progressivo  potenziamento della spettacolarità: anzi se non c’è spettacolo non c’è divertimento…
La TV langue (si fa zapping), il libro agonizza (si legge Moccia), c’è bisogno per tutti della playstation e del telefonino, sull’I-pod (aipod) si ascolta Tiziano Ferro, Fabri Fibra e gli Articolo 31…
Si vive in una società fondata su una visione economicistica della vita.
La fede nel progresso è sostituita dall’immagine di un futuro cupo, dalla brutalità che identifica la libertà con il dominio di sé, del proprio ambiente, degli altri…
L’atmosfera esistenziale genera paura… si vive in uno stato di allarme perenne, dove tutto è concesso, se si è forti, anche di soddisfare le proprie voglie, ma è sempre più difficile provare il desiderio.
 Alessandro Baricco parla di “mutazione”.
Gli insegnanti (homo sapiens) si trovano sempre più spaesati di fronte ai silenzi e agli sguardi smarriti dei mutanti, ancora non si erano abituati all’homo videns che si trovano davanti tanti homo zappiens.
“I Barbari, sono una specie nuova, che ha le branchie dietro le orecchie e ha deciso di vivere sott’acqua” o si tratta del normale duello fra generazioni?…Mi piacerebbe guardare quelle branchie da vicino. E studiare l’animale che si sta ritirando dalla terra, e sta diventando pesce. Vorrei spiare la mutazione, non per spiegarne l’origine (questo è fuori portata), ma per riuscire anche lontanamente a disegnarla. Come un naturalista d’altri tempi che disegna sul taccuino la nuova specie scoperta nell’isolotto australiano. Oggi ho aperto il taccuino.”
Noi dobbiamo aprire i nostri taccuini.
Walter Benjamin non cercava di capire com’era il mondo, ma come stava per diventare.
Erano le mutazioni, le trasformazioni a interessarlo: dopo Proust, Baudelaire, Ghoete, Marx, Adorno ed Erodoto studia Michey Mouse.
Bisogna capire le dinamiche del loro modo di pensare, di comportarsi, di comunicare, quali sono i loro sogni, i loro valori e le loro utopie.
E’ una perdita di senso o un nuovo senso dell’esistenza?
Après moi le déluge?
E’ il momento di studiare bene miti e linguaggi di questi homines novi e feminae novae.
Stanno svuotando una cultura complessa per forgiare una cultura ancor più complessa.
Si tratta di conoscere, studiare e non disprezzare questi nuovi modelli culturali.
“Il braccio che è diventato pinna, forse non è un cancro, ma l’inizio di un pesce” scrive ancora Baricco.
Tutte le mutazioni hanno provocato sdegno: quando si smise di dipingere madonne e si cominciò a dipingere mele e fagiani; Bach e Beethoven lavorarono indefessamente a una furba semplificazione del mondo musicale che avevano ricevuto in eredità.
Si tratta di imparare a scrutare logiche che sembrano imprescrutabili, si tratta di accompagnare i giovani, crescere insieme senza ipocriti moralismi, ma con intelligenza, delicatezza, autoironia sul come siamo e come eravamo.
Cambiare il punto di vista.
 Studiare le nuove generazioni entrando nel loro mondo.
Caratteristiche:

  • Presenza di nuove tecnologie a casa e a scuola
  • Generazione che comunica con strumenti
  • Siti come comunità di interessi (la scuola è una comunità di interessi?)

Diverse capacità:

  • di associare movimenti, suoni e immagini (generazione digitale)
  • di dividere la propria attenzione su più flussi di informazione
  • di elaborare informazioni che non sono aggregate in un continuum (televisione), il libro invece è lineare
  • di far domande per ottenere risposte (computer)
  • di risolvere problemi (metacognizione).

Diverso rapporto fra realtà/virtualità:

  • il gioco non punisce mai nessuno
  • chi muore cerca un’altra vita
  • la rete è un’estensione dell’ego
  • la persona virtuale è il mio ego
  • che cosa è cambiato nell’apprendimento

E che cosa è cambiato nell’apprendimento?
L’apprendimento è

  • un’attività di aggregazione di contenuti (cambiare contenuti e modalità di aggregazione)
  • ricerca di significati
  • utilizzazione del flusso delle informazioni
  • innesto nel talento, nella passione

L’uso privilegiato dei messaggi ha cambiato la lingua?
SMS: Impoverimento o evoluzione della lingua?
Il sistema T9 suggerisce l’uso di parole pronte nel sistema, per non perdere tempo (velocità) a cercarne altre, si finisce per adagiarsi su poche parole comuni, restringendo il campo delle infinite coniugazioni.
SMS il cellulare cambia il modo di scrivere: internet, le chat, ma soprattutto i telefonini rivoluzionano la lingua:

  • uso di molte abbreviazioni che provengono dall’inglese
  • lingua sempre più simile al parlato del telefono
  • c’è un recupero di confidenza con l’italiano scritto
  • frequenti abbreviazioni, tendenza all’economicità
  • alto tasso di creatività
  • ricerca di espressività per esprimere meglio le emozioni
  • abbondanza di punti esclamativi, puntini di sospensione, faccine (emoticon)
  • prevale il tono scherzoso
  • è un importante momento di comunicazione.

Second life: la seconda vita sembra diventata una meta di massa, un Non luogo dove spedire le proprie controfigure (avatar). Abbiamo un corpo vero e un corpo elettronico.
Il motivo della sua enorme diffusione è il denaro la notizia che qui ci si poteva arricchire: l’ennesima potenza della società dell’avere.
 Non è una città ideale, ma la replica di ciò che già si vive e una replica degli obbrobri di questa società a cosa serve?
Si acquista e si compra, si costruisce e si organizza, perfino mostre e attività culturali.
Nell’universo parallelo la vita subisce i medesimi guasti, anche cyberviolenza, cyberbullismo.
Gli avatar femminili subiscono molestie e violenze dagli avatar maschili.
Pullula di scherzi violenti.
Ma lì tutto, perfino la morte è reversibile.
Abitua ad attraversare con giocosa disinvoltura il confine fra simulato e reale.
Allora davvero un altro mondo non è possibile? Nemmeno per finta?.
 Diventare un fenomeno mediatico spesso determina l’inizio della fine.
La banalizzazione uccide.
Da una parte velocità elettronica dall’altra la lentezza della vita.
La Second Life è sogno animato e guidato da un’utopia, o imbarbarimento di un ennesimo falso paradiso?
Anche il corpo assume una diversa dimensione:

  • concentrazione dei linguaggi non verbali
  • ossessiva ricerca di adesione a modelli confezionati.

E infine lo Sport: l’ eroe sportivo cerca di ampliare i confini delle potenze naturali, ricorre a mezzi artificiosamente naturali per oltrepassare l’uomo. L’eroe superuomo,comunque più uomo dell’uomo, bara con la natura e con gli altri non sfida, bara con l’idea di giustizia e di uguaglianza di fronte alla prova.
Ma lo sport va affrontato da eroi?
Lo sport si basa sulla fatica, sulla selezione naturale, si rafforza e si sublima con lo sforzo. Talvolta il corpo nello sport diventa faccenda di stato; l’individuo diventa un mezzo per portare gloria al sistema. E allora conta solo vincere secondo la perversa logica della fenomenologia artificiale.
Il corpo non si ammira, si usa, per vendere, per guadagnare, per illudere.
Se il destino dell’eroe è andare oltre il limite, sono questi i nuovi eroi?
Sono le turbo esistenze, nate dall’innesto dell’artificiale sull’umano.
Insomma per dirla con Stefano Rodotà siamo nell’ambito del diritto o nel non-diritto?
Ma non è solo questione di diritto diventa questione di etica, del rapporto fra natura e tecnica.O non è forse ancora una volta un “ricadere nella prigione della nuova carne” (William Gibson Negromante)
Si affaccia il concetto del transumano: la possibilità e desiderabilità di migliorare in maniera sostanziale la condizione umana, usando la tecnologia per eliminare l’invecchiamento ed esaltare al massimo le capacità intellettuali, fisiche e psicologiche.
Il problema è fare i conti con i valori di dignità, uguaglianza e autonomia.
Tutte le generazioni sono andate a caccia di eroi per diventare grandi.
Ansia di crescere, accelerazione: quel che prima andava bene dai 14 ai 16 anni, adesso dagli 8 ai 14.
Eroe: “essere semidivino (per la mitologia classica figlio di un mortale e di una dea), cui una stirpe attribuisce gesta prodigiose a proprio favore”. Persona che per eccezionali virtù di abnegazione s’impone all’ammirazione di tutti.
Campione, modello, esempio, prode, forte, coraggioso, generoso… ma il problema è quello di non diventare un eroe da strapazzo…
Sarà possibile con nuove azioni e nuove alleanze fare in modo che il nostro homo zappiens diventi un nuovo homo sapiens, ricco di una diversa e più complessa sapienza? senza perdere le sue caratteristiche positive e quelle dell’homo videns?
Occorrerebbe un grande investimento nella cultura e nella scuola per svolgere almeno un’azione prioritaria: fare in modo che il mondo degli adulti significativi conosca bene e non disprezzi il mondo dei giovani.
Per instaurare una relazione positiva, senza la quale non può giungere alcun messaggio educativo, occorre costruire un ponte fra le diverse generazioni.
E nessun ponte può essere costruito se non si conosce com’è fatta l’altra sponda o se dall’altra sponda si ergono barriere per impedire l’attracco.
Quindi non ci resta che auspicare un tuffo nell’antropologia culturale per conoscere e studiare miti e linguaggi giovanili, non per fare giovanilismo (obbrobrio pedagogico), ma per dare significatività al nostro essere adulti.
Come? La storia dei giovani è la storia dello sforzo di ritualizzare la violenza per esorcizzarla, altrimenti esplode o contro se stessi o contro gli altri. La violenza non può essere negata, deve essere educata. E allora come può lo scoglio arginare il mare?

Che fare:

  • evitare di fronteggiare le sfide (relazioni di potere, contrapposizioni, comportamenti violenti), (Democrazia è una concezione di vita che si apprende con la vita, vivendola nelle relazioni con un esercizio continuo)
  • evitare l’indifferenza il conflitto è fertile se è un’alternativa al quieto vivere, non deve essere mai umiliazione dell’avversario
  • equilibrio (gioco del bullone) Fulvio Scaparro: spazio, infinitesimale o enorme che sia, che consente di muoverci stando in contatto. Se ci fermiamo il bullone arrugginisce
  • diversità, uguaglianza: evitare di acuire i contrasti con azioni dirette a vincere, ad affermare potere, a prevaricare. Non essere questo o quello (e avversativo), ma essere questo e quello (congiuntivo). L’identità non ha bisogno di prescrizioni, ma di deciframento pazienti delle sue continue ridefinizioni
  • disponibilità e flessibilità, mediazione, negoziato fra le posizioni in conflitto, ad ascoltare e dialogare (un buon negoziato non prevede un vincente e un perdente, ma due vincenti) (ogni guerra è un fallimento della ragione e della fantasia) (la mediazione non è né una tecnica, né un’utopia, ma una tecnica carica di utopia) mediare, stare in mezzo, cum pane, comune appartenenza
  • nuova ecologia della comunicazione: cum munibus: riconoscimento, dialogo, cura, partecipazione, promozione
  • coltivare la relazione: sinonimi: curare, allevare, affinare, migliorare, promuovere, sviluppare, accarezzare (un’idea), covare (in segreto un progetto), nutrire (un sentimento) contrari: abbandonare, trascurare, negligere, lasciare incolto, essere ignavo, disinteressarsi, spegnere, maltrattare. Avere cura significa anche promuovere autonomia e indipendenza, sapersi ritirare quando c’è bisogno
  • la realtà (disinteresse, sfiducia, abbandono, indifferenza…) deve essere affrontata con la cultura dell’essere dinamica e creativa
  • senso della storia e dell’identità collettiva, senso di appartenenza a una comunità
  • la mancanza di conflitto è pericolosa: favorire il confronto e saper gestire lo scontro
  • evitare proibizioni indiscutibili: la violenza è espressione di debolezza
  • evitare contaminazioni: il giovanilismo, la madre-amica, l’insegnante-amico…
  • imparare a crescere con i propri figli e con i propri studenti: processo di coevoluzione. Ma che significa crescere? Trasformarsi da vagabondi del mondo a cercatori e produttori di senso e significato. Guardar fuori scrutandosi dentro
  • evitare le prediche e le imposizioni ritrovare la leggerezza liberandosi dal peso della prepotenza
  • importanza dell’esempio: l’ascolto, la coerenza, il rispetto: a un padre ottuso e diffidente corrisponderà un figlio provocatore, ragazzi poco amati diventeranno adulti pieni di rancore
  • esser consapevoli che l’essere donna è un essere umano differente, soggetto libero del proprio pensare e agire differente
  • non rinunciare a “cieli immensi e immenso amore”.

Scriveva Proust: quello che chiamiamo bisogno di affetto, non è in realtà il bisogno di essere amati, è il bisogno di amare.
Recupero della lentezza: Come neve in Alpe senza vento” (Dante).
La vera cultura non può fare a meno del recupero della Lentezza.
La lentezza domina nella vita dello spirito, mentre nella vita pratica domina incontrastata la velocità.
La velocità è ingorda, la lentezza è golosa.
La velocità è dogma, la lentezza è persuasione.
La velocità pensa in aereo, la lentezza pensa a piedi.
La velocità getta via, la lentezza conserva.
La velocità è il qui e ora, la lentezza pensa anche al dopo.
La velocità pensa con il computer, la lentezza pensa con il cervello.
La velocità pensa con l’indicativo, la lentezza pensacon il congiuntivo.
La velocità è scopare, la lentezza è amare.
La velocità è l’odierna realtà, la lentezza è il suo sconfinamento.
La velocità è il disincanto, la lentezza è l’incanto.
Quindi per concludere, provare a  “ricoprire di terra una piantina verde, nella speranza che nasca una rosa rossa”.