Foto Ph. Roberto Landi (C)

Foto Ph. Roberto Landi (C)

Autointervista

L’ironico testo è stato scritto da Sandra Landi per (R)Esistenze: il passaggio della staffetta (a cura di L. Fantone, I. Franciosi, Morgana, Firenze 2005); il libro racconta, attraverso la voce di alcune donne, la storia di molte di noi, i nostri pensieri, i nostri dubbi, i nostri impegni, le nostre R-Esitenze.

C’era una volta un re… di Pietro Paolo Capezzone.

C’era una volta un re
Seduto su un sofà
Che disse alla sua donna:
-Raccontami una storia!
E la sua donna incominciò

C’era una volta un re
Seduto su un sofà
Che disse alla sua donna:
-Raccontami una storia!
E la sua donna incominciò

C’era una volta un re

Nacque Sandra e furono contenti
ma se fosse nato Sandro, ancor di più.
A cavallo d’un secolo poi traballi
o scivoli o t’aggrappi, o vai su o vai giù
(Insomma, devi subito resistere per esistere!)
I grandi sembravano felici, con tante canzonette da cantare,
della guerra nessuno mai parlava, ma tutto della guerra poi gridava:
c’erano tante rovine e tanti cocci, e un mondo tutto da rifabbricare.

Ma scovai Lina, gran raccontatrice:
fiaschi e novelle con maestria impagliava
e insieme a Chichibio, Fiammetta e Bice,
di Ultima, di Guelfo e di Zelmira mi narrava.
(Così nelle storie cominciai a esistere)
Nobili e cavalieri vissero con staffette e partigiani,
Dante con Togliatti e con la Nilde se ne stette,
in una fiaba senza tempo e senso, da rigirare intanto nelle mani.

Pure in ottava rima, cominciai a sognare
in quel mondo scombinato, di giochi, verità e tanta fantasia.
M’imposero il tacere, con voglia di parlare
crebbi donnina fra barriere e scogli, mentre rondine volevo volar via.
(Esistere maschera o persona? Come essere attrice di sé senza uccidere l’infanzia?)
Cercai ascolto, considerazione e stima
fra troppi salotti tutta per me una stanza
con tante belle parole già pronte per la cima.

Si andava in Vespa, in Lambretta e in Littorina,
e alla radio ascoltavo l’uccellino e l’almanacco.
Mi preoccuparono, ma ero ancor piccina,
la rivolta ungherese e l’ottobre polacco,
(Era fatica esistere? azzardi di pensieri si lanciarono verso orizzonti lontani)
seppi dei barbudos e di Fidel, che si sedettero con Robin Hood nel vento.
Chiesi dei due K e della guerra fredda, perché scaldarsi era già un problema!
Ma il miracolo economico portò all’uscio di casa la Seicento.

– Devi essere consapevole e responsabile!
Così imparai il ricamo, il ragù e l’uncinetto.
– Devi essere scomponibile (madre-sorella-sposa) e pure irreprensibile!
Famiglia e suore mi spalmarono così un manierismo perfetto.
(Esistere in marmellata, dolce quanto basta)
Mentre agognavo l’assoluto, e ogni cosa mi era proibita
s’ingarbugliò e fece cilecca la mia vita: fotocopia divenni e non poesia
ma cominciò ad andarmi di traverso quella stupida salita.

Prigioniera della mia bravura, libera avrei voluto volare
in gusci m’acquattai, ma azzurri orizzonti sempre sognai.
Di legge truffa, riformismo e convergenze parallele, sentii parlare
fra Nenni, Moro e Fanfani, del Papa Buono subito m’innamorai.
(Esistere nell’azzardo dell’ego per capire chi ero?)
Ma mi venne il sangue caldo fra le gambe: la paura e la vergogna senza sapere
m’imbrigliarono in mille laccioli e in legami falsi
mentre avevo voglia di ali mi ritrovai in catene.

Per Kennedy mi sforzai di piangere, ma piansi per la morte del bel Che.
Venne il Vietnam e divorai Marcuse: con l’uomo a una dimensione
plurima fui costretta a diventare, così bevvi Francoforte, compreso Mao Tse.
Esplose il 68: lotta al potere, conflitto permanente, viva la contestazione!
(Ora e sempre: ESISTEREEE! Soggetto smarrito non mi accorsi di essermi librata in identiche identità)
Nell’anno degli studenti nessuno studiò mai, studiai come una pazza
sognai il vietato vietare, al potere l’immaginazione, la scopata in ascensore…
via lontano, evasione e liberazione, lasciar la casa e scoprir la piazza.

L’eskimo fu per me il colore dell’ombretto
verde eskimo per essere Botticelli, freak e streak, più bella e più contestatrice
rifiuto del potere, agire collettivo e lotta al preconcetto!
Il maggio francese e la primavera di Praga mi fecero di Duvchev ammiratrice,
(Esistere, finalmente esistere, in sogni tinti di rosso che di rosso tinsero il cielo)
Fu danzante, colorata e folle la lotta che infiammò
l’immaginazione al potere non andò
ma vennero i Beatles, la caduta di Saigon e il mondo tutto si disgelò.

L’uomo (sempre lui) andò sulla Luna,
“E’ grande, è brillante e bella!” Amstrong disse
ma dopo il conte Giacomo non mi parve novità alcuna.
Come una farfalla fui catturata: matrimonio in grande stile, orpelli e grancasse
(esistere in odori dolciastri di sughi grassi vaporizzati chanel numerocinque)
diete perenni, Nutella e sensi di colpa a sfare
Clorinda o Angelica, aquila o colomba,
Madonna o Maddalena, non sapevo più cosa diventare.

Appena ucciso il padre in un altro m’imbattei
C.G.I.L., U.D.I., A.R.C.I e P.C.I.: di comunista la patente presi
lotta continua subito tenei
da raccattapalle e da mascotte attesi.
(Resistetti anche lì fra mille solitudini in una battaglia mille volte combattuta)
Padre-partito-padrone: pensiero unico adescatore
Lenin, Marx, Gramsci e Ho Chi Min
alla ricerca di qualche altro albore.

Federazioni, sezioni e consultori, ogni orpello fu bandito
stile etnico dell’est, gonnellone e zatteroni,
alla scuola di partito imparai le scuole di partito
cantai Bandiera rossa, e sognai Baglioni.
(Perché non si può esistere con la mente e con il cuore?)
La democrazia arrugginì prima di essere usata
L’Unità, Rinascita, Noi donne
tante Morante e Maraini con Virginia Wolf sempre molto amata.

Mater materna fui fra politica, lavoro e studio costante
l’infinito scorreva come un film blablante dalle troppe sigarette affumicato
contro le quote garantite fui presa per saccente
manifestai per i desaprecidos, odiai Pinochet e piansi per Allende incatenato,
mentre fu un re a salvar la Spagna, m’indignai per Peròn, m’incuriosì l’Evita,
gridavano i silenzi in una me nell’estate immersa
senza essermi accorta che la primavera era già sparita!
(Affrettarsi a esistere, affrettarsi, affrettarsi…)

Caddero i colonnelli in Grecia e in Portogallo i dittatori,
la “guerra dei sei giorni” venne e mai più terminò
l’autunno caldo, piazza Fontana, le brigate rosse e i neri tramatori
fra Amendola e Ingrao, il compromesso storico Berlinguer inventò.
(Resistere, resistere… ma, a forza di resistere, non è che ti dimentichi di esistere?)
In piazza per il divorzio, per l’aborto le firme e le mozioni
ancora tumulti, battaglie, e da sventolar bandiere
va a finir che non c’è più posto per le emozioni.

Quando poi di Berlino il muro, in un tenue soffio crollò
e la grande Russia, così sospetta e amata,
in un mare di illusioni si sbriciolò
la pace, contro la guerra, mi sorprese decisa e bene armata
(reagire e respingere, ribattere e oppugnare, per mai desistere, cedere o rinunziare)
Mai seppi scegliere fra la scuola e la scrittura
fra tanti amori sempre combattuta
qua e là, costì e costà, per il mondo intero volante alla ventura.

Quanto scolarizzai!: scrittori, studenti, insegnanti e genitori…
tutti in riga, ubbidienti e affascinati, sempre pronti a farsi organizzare:
innovazione e sperimentazione, ricerca e azione diventarono i fili conduttori
scuola-albero, scuola-scrigno, scuola-idea, per menti e cuori da far germogliare
(educare e istruire, correggere e consigliare, contro D’Onofrio, Moratti e Jervolino)
nell’infinito universo, senza mai fermarsi, alla ricerca del confine,
ho coltivato lune e soli, sogni e progetti, fiori e utopie
accarezzando arti e poesie, in orizzonti impervi e senza fine.

E or che ho imparato con mia figlia a crescere e con mia madre a invecchiare
fra fascismi e razzismi camuffati, ancora e sempre RESISTENZA!
C’è un pagliaccio che ride e che mi vorrebbe catturare
eccomi allora in nuova intraprendenza con una sconveniente disubbidienza
non mi accontento più di “’sti quattro soldi di felicità”
voglio “il cielo in una stanza” e “24.000 baci”
mentre “l’universo trova spazio dentro me”
cerco “un uomo d’oro” ma nel “l’isola che non c’è”
e se “ad Auschwitz c’era la neve, il fumo saliva lento
nel freddo giorno d’inverno, adesso sono nel vento”
ADESSO SONO NEL VENTO!!